Il nome Simon Phillips evoca subito precisione chirurgica, groove inarrestabili e una carriera che spazia dal rock sinfonico alla fusion più raffinata. Ma dietro il suo leggendario controllo del set si nasconde una storia meno nota e affascinante: quella di un giovane batterista destrimano che decise, contro ogni logica, di imparare a suonare come un mancino.
Una scelta nata da un colpo di genio (e di seghetto!), ispirata da due giganti della fusion — Billy Cobham e Lenny White — e diventata il simbolo di come curiosità, sperimentazione e determinazione possano cambiare il destino di un musicista.
Un inizio precoce e una mente aperta
Nato a Londra nel 1957, Simon cresce in una famiglia musicale: suo padre, Sid Phillips, è un clarinettista jazz affermato, e lo introduce alla batteria già in tenera età. A dodici anni è già in studio di registrazione, e a diciassette suona regolarmente in session professionali.
Eppure, mentre la maggior parte dei giovani batteristi si concentrava su rudimenti e velocità, Simon aveva un’altra ossessione: l’ergonomia e la disposizione del set. Come rendere il kit più fluido, più logico, più “suo”? La risposta sarebbe arrivata poco dopo.
L’illuminazione: vedere Cobham e White suonare da sinistra
Durante gli anni ’70, Simon rimane folgorato da due icone della batteria fusion: Billy Cobham, il batterista di Mahavishnu Orchestra, e Lenny White, noto per il suo lavoro con Return to Forever. Entrambi suonavano “alla rovescia”: hi-hat e rullante a sinistra, ma groove e potenza da uragano. Phillips racconta:
“Vidi Billy Cobham e notai che suonava da mancino. Poi vidi Lenny White, e anche lui era mancino. Pensai: cosa sta succedendo qui?”
Quel momento fu un click mentale. Non si trattava solo di imitare due idoli, ma di capire come cambiare prospettiva fisica e mentale sullo strumento.
“Presi un seghetto e tagliai lo stand”
Simon voleva riprodurre quel look, quel senso di equilibrio tra tom, piatti e hi-hat. Il problema? Il suo hi-hat stand era troppo alto e interferiva con la disposizione dei tom centrali. Così, prese un seghetto e fece ciò che nessuno avrebbe osato:
“Presi un seghetto e tagliai lo stand, abbassai le hi-hat e le misi lì… e poi mi chiesi: ok, e adesso come suono?”
Fu il punto di non ritorno. Da quel momento decise che avrebbe imparato a suonare da mancino.
Un gesto quasi istintivo, ma che cambiò per sempre il suo approccio alla batteria.
Dalla destra alla sinistra: la nascita dell’open-handed drumming
Invece di incrociare le mani (come avviene nel drumming tradizionale, dove la destra suona l’hi-hat e la sinistra il rullante), Simon cominciò a suonare a mani aperte, con la sinistra che guida l’hi-hat e la destra libera di muoversi su ride, tom e piatti.
Questo stile, noto come open-handed drumming, ha diversi vantaggi:
- elimina l’incrocio delle braccia, rendendo i movimenti più naturali;
- favorisce la simmetria tra le mani, sviluppando la mano debole;
- consente un setup più bilanciato, ideale per i kit di grandi dimensioni come quello di Phillips.
Come racconta lui stesso:
“La mia mano destra è ancora la più forte, ma ormai la sinistra ha il controllo. Posso suonare in entrambi i modi.”
In altre parole, Simon ha conquistato una vera ambidestria musicale, frutto di anni di pratica consapevole e di un approccio non convenzionale.
Allenarsi a suonare contro natura
Imparare a guidare con la mano sinistra non fu un processo immediato. Simon passò mesi ad esercitarsi su pattern base, fill semplici e groove disco (che all’epoca erano molto richiesti in studio). Ogni session era un banco di prova. Ma questa dedizione trasformò un esperimento estetico in una nuova dimensione tecnica.
Oggi, Phillips alterna i due approcci a seconda del contesto: open-handed per la fusion o i brani più complessi, tradizionale per i passaggi jazz o le situazioni più lineari.
Una lezione per tutti i batteristi
La storia di Simon Phillips non è solo un aneddoto curioso: è una vera e propria lezione di libertà musicale.Il suo esempio mostra che non esiste un solo modo “giusto” di sedersi dietro al set. L’importante è capire cosa serve alla propria musicalità. Vuoi suonare incrociato? Fallo. Ti trovi meglio con la sinistra sull’hi-hat? Provalo. La tecnica è un mezzo, non un vincolo — e l’approccio di Phillips lo dimostra meglio di chiunque altro.
Conclusioni
Quella di Simon Phillips è la storia di un musicista che ha trasformato una difficoltà tecnica in una scoperta personale. Un gesto impulsivo — tagliare uno stand — è diventato una metafora perfetta per ciò che dovrebbe essere la musica: un continuo atto di sperimentazione. E forse è proprio questo che rende Simon Phillips uno dei batteristi più rispettati al mondo: non solo la sua tecnica impeccabile, ma la sua capacità di reinventarsi, letteralmente, una mano alla volta.
Ulteriori Informazioni:
- Simon Phillips: Protocol V infiamma il Blue Note di Milano – Passione Live
- Pagina Web di Simon Phillips
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