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Nel 2007 usciva Untrue, secondo album del misterioso produttore britannico Burial, alias di William Bevan. Un disco che ha cambiato per sempre la percezione dell’elettronica underground londinese, fondendo garage, ambient, dubstep e malinconia urbana. Ma ciò che sorprende ancora oggi non è solo il suono, bensì il modo in cui è stato realizzato: niente DAW moderne, niente multitraccia, niente automazioni. Solo Sound Forge, un vecchio software di editing audio, e tanta immaginazione.
Quello che per molti sarebbe stato un limite invalicabile, per Burial è diventato la chiave del suo stile unico.

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L’estetica della limitazione: “Once I change something, I can never un-change it”

Burial ha descritto il suo metodo con parole disarmanti:

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“Once I change something, I can never un-change it. I can only see the waves.”

In Sound Forge, ogni modifica è distruttiva: non c’è possibilità di tornare indietro, non esiste un “undo” infinito. Questo lo costringeva a pensare come un artigiano analogico, a sentire il suono più che a “programmarlo”.

Burial raccontava di riconoscere i pattern ritmici guardando la forma d’onda, come un “fishbone”, un’ossatura visiva dei suoi beat. Niente MIDI, niente sequencer: solo taglia-incolla, sovrapposizioni manuali e una sensibilità fuori dal tempo.

Questo approccio produceva un risultato inevitabilmente imperfetto, umano, vibrante. È proprio in quella fragilità che nasce l’atmosfera di Untrue — un mondo fatto di voci distorte, pioggia, crepitii, e bassi che sembrano provenire da un’altra dimensione.

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Sound Forge: il software che non doveva fare musica

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A metà anni 2000, la maggior parte dei produttori elettronici utilizzava Ableton Live, Cubase o Logic. Burial no: Sound Forge era pensato per editare singoli file audio, non per comporre brani interi. Nessuna timeline multitraccia, nessun sintetizzatore interno, nessuna quantizzazione.

Bevan registrava campionamenti vocali, frammenti presi da videogiochi e vecchi dischi, li modificava a mano, li incollava uno sull’altro fino a creare strutture complesse. Il tutto, “a orecchio”.

In un’intervista del 2023, ha dichiarato:

“I don’t know any other programs. I thought to myself: f**k it, I’m going to stick to this shitty little computer program, Sound Forge.”

Quel “shitty little program” è diventato lo strumento con cui ha scritto uno degli album più influenti del XXI secolo.

L’assenza di controllo come libertà creativa

Paradossalmente, l’impossibilità di “tornare indietro” ha dato a Burial una forma di libertà estrema. Non potendo modificare tutto all’infinito, doveva fidarsi del momento, prendere decisioni definitive. Ogni taglio, ogni variazione, ogni riverbero era frutto di un gesto unico. Questo ha reso Untrue un album con un’anima viva, imperfetta e irripetibile.

In un’epoca di produzione digitale iper-perfetta, la sua scelta suona quasi rivoluzionaria. Le tracce di Untrue sembrano sussurrare più che gridare, oscillano tra malinconia e mistero, evocano un’umanità nascosta dietro la macchina.

Campioni, voci e paesaggi sonori

I campioni vocali — spesso provenienti da R&B, pop o videogiochi come Metal Gear Solid — vengono alterati fino a diventare spettri sonori. Non si tratta di voci reali: sono fantasmi digitali che emergono dal rumore.

Burial taglia, rallenta, alza il pitch, sovrappone e filtra manualmente, creando un effetto emotivo potente. Il risultato è un’umanità distorta, post-umana, che si intreccia con suoni ambientali: pioggia, vento, passi, motori lontani.

Londra diventa un personaggio sonoro, un paesaggio emotivo più che fisico. E tutto questo nasce da una singola traccia stereo, costruita su un editor che non prevedeva neppure un mixer.

Quando la semplicità diventa estetica

Oggi molti produttori inseguono la complessità tecnica, tra plug-in e catene di effetti sempre più elaborate. Burial, invece, ha mostrato che la semplicità — o meglio, la necessità — può diventare estetica.

L’assenza di strumenti avanzati ha forgiato un linguaggio nuovo: il suono imperfetto come firma, l’editing visivo come gesto musicale, il silenzio come parte integrante del ritmo.

Untrue non è solo un album di elettronica: è un manifesto sulla creatività dentro i limiti.

Conclusioni

Untrue rimane una pietra miliare dell’elettronica moderna proprio perché nasce da strumenti poveri e decisioni coraggiose. In un mondo dove tutto può essere modificato, Burial ci ricorda la bellezza del non poter tornare indietro.

Se la perfezione è fredda, il limite può essere caldo, emotivo, umano. È lì che nasce la magia.

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Susanna Staiano
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Burial - Untrue
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