La storia dei The Power Station è quella di un supergruppo anni ’80 nato praticamente per caso e diventato, in pochissimo tempo, uno dei progetti più eccentrici e costosi dell’epoca. Un ensemble formato da membri dei Duran Duran e dei Chic, guidato dalla batteria esplosiva di Tony Thompson, con un obiettivo chiaro: riscoprire la potenza primordiale del rock e avvicinarsi all’energia dei Led Zeppelin.
Tra voli in Concorde, hotel a cinque stelle, sessioni di registrazione interminabili e una fuga nelle Bahamas che costò una fortuna, i Power Station sono diventati il simbolo degli eccessi degli anni ’80 e della libertà creativa dei side project più ambiziosi.
La nascita dei The Power Station: quando pop, funk e rock si incontrano
All’inizio degli anni ’80 i Duran Duran erano all’apice del successo mondiale, con album ai vertici delle classifiche e videoclip che dominavano MTV. Ma come spesso accade alle grandi band pop, la pressione iniziava a farsi sentire.
John Taylor e Andy Taylor sentivano il bisogno di respirare, di suonare qualcosa di più crudo, più fisico. Non volevano una pausa dalla fama: volevano una pausa dal pop.
L’idea di un supergruppo prese forma quasi come un gioco: “E se provassimo a fare un disco che suoni come i Led Zeppelin, ma con groove moderni?”.
E per farlo, servivano musicisti con una sensibilità molto diversa dal loro background new wave. Il primo nome sulla lista era quello del batterista dei Chic, Tony Thompson, una leggenda vivente del drumming funk e uno dei musicisti più richiesti dell’epoca. La sua potenza, unita al suo senso del groove, era semplicemente perfetta per costruire un suono più duro, più muscolare.
A completare la formazione arrivò Robert Palmer, cantante sofisticato e dallo stile elegante ma capace di un’interpretazione sorprendentemente rock.
Il risultato? Una miscela unica: pop, rock, funk, dance, tutto unito da una produzione di lusso tipica dell’epoca.
Tony Thompson: il motore del progetto
Nel DNA dei The Power Station scorreva la batteria di Tony Thompson.I suoi colpi erano così potenti e definiti che molti tecnici li paragonavano a quelli di John Bonham. Non a caso, i membri del gruppo citavano spesso Lef Zeppelin come modello e aspirazione.
Thompson portò nel progetto un’energia quasi animalesca, con pattern percussivi che univano la disciplina funk dei Chic alla ribellione del rock.
È famosa la battuta secondo cui, in una sessione in studio, Thompson avrebbe suonato solo cinque colpi di batteria, ma il costo finale – tra voli, alloggi e logistica – fu astronomico. Quella sessione è entrata nella leggenda come “la parte di batteria più costosa della storia”.
Gli eccessi: Concorde, hotel di lusso e un viaggio folle nelle Bahamas
Gli anni ’80 erano fatti così: opulenti, esagerati, impensabili con gli standard di oggi.
I The Power Station incarnarono tutto ciò alla perfezione. Le sessioni di registrazione non erano semplici appuntamenti in studio: erano eventi, trasferte transoceaniche, fughe improvvise ai tropici.
Uno degli episodi più famosi riguarda il loro soggiorno nelle Bahamas, previsto inizialmente come breve ritiro creativo. Le cose sfuggirono rapidamente di mano: la permanenza si allungò, il budget esplose e i costi di produzione raggiunsero cifre fuori scala.
Eppure, per i membri del gruppo, quello era il prezzo necessario per ottenere quel suono caldo, sporco, quasi “live” che stavano cercando.
John Taylor e la tensione creativa: tra entusiasmo e caos
John Taylor era il membro dei Duran Duran più coinvolto nel progetto. La sua testimonianza racconta perfettamente lo spirito dell’epoca: “Dovevano legarmi al banco per farmi finire una linea di basso”.
Non era solo una battuta: l’ambiente dei The Power Station era un vortice continuo di energia, distrazioni, intuizioni improvvise e cambi di direzione. Taylor viveva quel side project come una liberazione totale. Non vi erano né pressioni di classifica nè niente aspettative dell’etichetta. Poteva essere semplicemente un musicista che suonava ciò che amava. Ed è questa autenticità a rendere i The Power Station così affascinanti ancora oggi.
Il suono dei The Power Station: l’ambizione rock dei nuovi Zeppelin
I The Power Station non volevano essere un esperimento frivolo. Volevano suonare forti, volevano riportare in vita la fisicità dei Led Zeppelin ma con un’estetica moderna, usando i mezzi di produzione ultra-lussuosi degli anni ’80. Il risultato è un suono che unisce:
- riff di chitarra aggressivi e quasi hard rock,
- batteria pesante, piena e profondissima,
- linee di basso taglienti,
- produzione patinata tipica dell’epoca,
- voce di Robert Palmer elegante ma ipnotica.
Un mix che non somigliava né ai Duran Duran né ai Chic, ma a una creatura completamente nuova.
Conclusioni
Il progetto ebbe vita breve: un album, una manciata di singoli, alcune apparizioni televisive.
Eppure la sua importanza è stata enorme, soprattutto per i musicisti coinvolti.
I The Power Station sono un esempio perfetto di come, negli anni ’80, i side project potessero diventare laboratori creativi dove rompere le regole senza rischiare nulla. Oggi i Power Station sono ricordati come un ribaltamento totale delle aspettative: musicisti noti per il pop levigato che creano un disco ruvido, esplosivo, assolutamente imprevedibile.
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