Tra i tanti capitoli della storia dei Pink Floyd, ce n’è uno che rimane avvolto nel mistero: l’album che la band iniziò a registrare nel 1975 ma decise di abbandonare, lasciando solo poche tracce superstiti. Un progetto tanto ambizioso quanto instabile, nato tra tensioni interne, crisi creative e visioni contrastanti di Roger Waters e David Gilmour.
Dopo “The Dark Side of the Moon”: un’eredità troppo pesante
Nel 1973, con The Dark Side of the Moon, i Pink Floyd raggiunsero un successo planetario senza precedenti. Il disco aveva ridefinito il concetto di album rock, unendo sperimentazione sonora, liriche introspettive e una produzione impeccabile. Ma un tale trionfo portò anche un prezzo: la pressione di dover superare sé stessi.
Quando il gruppo si riunì negli Abbey Road Studios nel 1975, la tensione era palpabile. Waters aveva già iniziato a prendere un controllo sempre più marcato sul processo creativo, mentre Gilmour e Rick Wright si sentivano distaccati, quasi alienati dal clima di lavoro. Fu in questo contesto che nacque — e morì — il cosiddetto lost album.
“Roger, this is insane!”: l’idea che spaccò la band
Secondo alcune testimonianze, l’album avrebbe dovuto esplorare il tema della disconnessione umana e dell’alienazione artistica, anticipando i concetti che poi troveranno forma in Wish You Were Here e The Wall.
Ma le sessioni di registrazione divennero presto un campo di battaglia creativo. Waters voleva spingersi verso un rock più concettuale e politico, mentre Gilmour insisteva per conservare l’anima melodica e atmosferica del gruppo.
“I remember sitting down with Roger and saying, ‘Roger, this is insane!’”, avrebbe ricordato anni dopo Gilmour in un’intervista. “Eravamo completamente fuori rotta. Nessuno sapeva più quale fosse il senso del progetto”.
Le due tracce sopravvissute e il loro destino
Di quell’album fantasma sarebbero sopravvissute solo due registrazioni parziali, mai ufficialmente pubblicate, ma successivamente riutilizzate o rielaborate in altre opere. Alcuni fan sostengono che frammenti di quelle idee siano finiti nei brani Shine On You Crazy Diamond o Welcome to the Machine, segni di un processo creativo in continua trasformazione.
L’abbandono del progetto portò la band a riorganizzarsi e a canalizzare l’energia residua in un nuovo disco: Wish You Were Here, pubblicato nello stesso anno, divenuto oggi uno dei lavori più amati dei Pink Floyd.
Un album perduto o una necessaria rinascita?
Molti storici della musica vedono in questo “album perduto” un momento di crisi che, paradossalmente, rese i Pink Floyd più forti. Fu il periodo in cui Waters cominciò a imporsi come principale autore, e in cui la band iniziò a esprimere un dolore più autentico e personale.
Quel fallimento temporaneo fu quindi anche un punto di svolta. Senza quell’esperienza caotica, Wish You Were Here probabilmente non avrebbe avuto la stessa intensità emotiva, né The Wall la stessa carica concettuale.
L’eredità di un progetto mai nato
Oggi, l’idea di un “album perduto dei Pink Floyd” alimenta una delle leggende più affascinanti del rock. Forse non sapremo mai come sarebbe suonato quel disco, ma la sua ombra continua a vibrare nei solchi dei capolavori successivi.
Come accade spesso con le grandi band, ciò che non è stato pubblicato è tanto potente quanto ciò che è arrivato sugli scaffali. L’assenza, in questo caso, è diventata parte del mito.
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