Negli ultimi giorni Antonio Conte, figura di spicco nel panorama musicale pugliese grazie all’etichetta Dischi Uappissimi e all’attività come promoter per eventi come FARM e il festival Bande Valle d’Itria, ha pubblicato una lettera di sfogo sui social. In quella comunicazione, Conte mette in luce una criticità che rischia di compromettere l’intero settore dei concerti: l’iper tutela degli artisti nei contratti, che rende sempre più difficile l’attività degli organizzatori.
Un’estate difficile per i live
L’estate 2025 – come già abbiamo raccontato più volte – è stata complessa per chi organizza concerti: costi crescenti, difficoltà logistiche, incognite normative e un pubblico con minore fiducia. A questi fattori si è aggiunta la difficoltà di gestire contratti artistici “troppo sbilanciati” a favore delle star, secondo le parole di Antonio Conte. Il risultato? Gli organizzatori rischiano di trovarsi con margini ridottissimi, clausole onerose e una distribuzione del rischio quasi esclusivamente sulle spalle di chi mette in piedi il palco.
Le accuse di Antonio Conte: quali criticità emergono
Contestualizzando la lettera pubblicata su Instagram (ora non più visibile a tutti) — che è stata ripresa da diversi media — emergono alcuni punti chiave:
- Clausole stringenti sui compensi, rimborsi e penali
- Garantismi eccessivi agli artisti, anche nelle situazioni impreviste (cancellazioni, condizioni meteo, problemi tecnici)
- Asimmetria contrattuale, dove l’organizzatore si assume rischi che dovrebbero essere condivisi
- Riduzione della libertà gestionale, con vincoli anche sulle modalità dell’evento, spazi, impianti e tempi
Conte sostiene che queste condizioni – seppur nate con l’intento di tutelare l’artista – finiscono per inchiodare l’ecosistema dei concerti, scoraggiando nuovi promoter, limitando i festival minori e allargando il divario tra grandi e piccoli operatori.
Impatti sul panorama dei festival e sul territorio
Nel caso pugliese, con festival come Valle d’Itria che richiamano turismo e valorizzano il territorio, queste dinamiche hanno un sapore ancora più greve. Un festival locale che non può più assorbire clausole onerose rischia di dover rinunciare alla linea artistica ambiziosa, privilegiare nomi più “sicuri” e ridurre la sperimentazione.
Un effetto collaterale è la potenziale perdita di identità culturale: se chi programma eventi deve costantemente compromettere per sopravvivere, la creatività rischia di essere soffocata.
Idee per un cambiamento equilibrato
Le parole di Antonio Conte, al netto del tono drammatico, aprono una riflessione utile per tutto il settore. È davvero inevitabile che i contratti restino così sbilanciati, oppure esistono alternative?
Forse si potrebbe pensare a contratti più bilanciati, che distribuiscano equamente i rischi di cancellazioni e imprevisti. Oppure a linee guida standard condivise dalle associazioni di promoter, capaci di riequilibrare il potere contrattuale degli artisti più forti. E ancora: avrebbe senso creare fondi di mutualità tra operatori, in grado di proteggere chi organizza eventi da imprevisti troppo onerosi?
Domande aperte, che meritano una discussione seria. Perché se la musica live deve rimanere il cuore pulsante della cultura, è giusto chiedersi: come possiamo garantire tutela per gli artisti, senza soffocare chi rende possibile i concerti?
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