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La musica generata dall’intelligenza artificiale non è più una curiosità tecnologica: è ormai una forza economica e culturale. Secondo un recente studio condotto da Seat Pick, piattaforma specializzata in ticketing e analisi di mercato musicale, alcuni “artisti” completamente artificiali stanno superando i colleghi in carne e ossa anche nei guadagni.
E a guidare questa rivoluzione c’è Blow Records, un nome che su Spotify suona come un’etichetta, ma che in realtà è… un artista virtuale.

Un artista che non esiste (ma guadagna davvero)

Nel 2025, Blow Records ha registrato oltre 45 milioni di stream su Spotify, generando un guadagno stimato di 123.176,09 sterline — più di quattro volte il salario medio nel Regno Unito. Il suo brano più famoso, Predator de Perereca, è diventato virale su TikTok, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno globale.

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Con 2,83 milioni di ascoltatori mensili, Blow Records ha superato perfino band reali come i Rizzle Kicks, che si fermano a poco più di un milione. E la cosa più sorprendente? Dietro il successo non c’è nessun volto, nessuna voce reale, nessun tour: solo codice, algoritmi e una visione precisa di cosa il pubblico vuole ascoltare.

AI e musica: una rivoluzione già iniziata

La crescita di artisti come Blow Records non è un caso isolato. Gli strumenti di generazione musicale basati su AI stanno diventando sempre più sofisticati, capaci di imitare generi, voci e strutture armoniche con un realismo impressionante. Alcune piattaforme permettono di creare brani completi in pochi secondi, regolando parametri come mood, tempo o genere.

Questa automazione creativa solleva interrogativi importanti:
– Chi è il vero autore di un brano generato dall’intelligenza artificiale?
– Come si distribuiscono i diritti e i guadagni?
– E soprattutto: gli artisti umani possono competere con la produttività quasi infinita dell’AI?

Molti musicisti temono che l’esplosione dell’AI musicale possa devalorizzare il lavoro umano, ma altri la vedono come un nuovo strumento espressivo, capace di espandere la creatività anziché sostituirla.

TikTok, Spotify e l’algoritmo del successo

Il caso Blow Records dimostra come l’AI riesca a dialogare perfettamente con altri algoritmi, quelli delle piattaforme social e di streaming. La canzone Predator de Perereca è diventata virale grazie a TikTok, dove brevi clip musicali si diffondono a velocità impressionante. Spotify, dal canto suo, favorisce gli artisti che mantengono un alto tasso di ascolto e condivisione, premiando la consistenza algoritmica — un ambito in cui l’AI eccelle.

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In sostanza, gli artisti virtuali capiscono (e sfruttano) gli algoritmi meglio degli umani. E questo li rende quasi imbattibili in termini di visibilità e rendimento.

Cosa significa per il futuro della musica

Il successo di Blow Records rappresenta un segnale chiaro: l’industria musicale sta entrando in una nuova fase ibrida, dove le creazioni umane e quelle artificiali coesisteranno — e forse si contamineranno sempre di più.

Nel prossimo futuro potremmo assistere a collaborazioni tra artisti reali e AI, a etichette interamente digitali o a playlist curate da algoritmi che creano musica in tempo reale, adattata all’umore dell’ascoltatore.

Ma la domanda rimane: il pubblico continuerà a emozionarsi sapendo che dietro la musica non c’è un’anima, ma una macchina?

Conclusione

Blow Records non è solo un fenomeno virale: è il simbolo di un cambiamento epocale nella produzione musicale. L’intelligenza artificiale non si limita più a “imitare” la creatività umana — la monetizza, la distribuisce e la ottimizza per le piattaforme.

Che piaccia o meno, il futuro della musica è già qui. E, a quanto pare, sa molto bene come farsi ascoltare.

Ulteriori Informazioni:

Susanna Staiano
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Questo “artista” non esiste, ma guadagna più dei veri musicisti
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