Una chitarra da 425 anni fa VIBRA ancora oggi!
La chitarra più antica del mondo, databile intorno al 1590 e realizzata dal liutaio portoghese Belchior Diaz, è un autentico testimone diretto della storia che unisce passato e presente attraverso materiali, forme e suono. Conservata al Musical Instrument Museum di Phoenix, questa chitarra barocca non solo è il più antico esemplare a grandezza naturale, ma è anche capace di suonare, restituendoci un’esperienza unica. Scopriamo insieme i dettagli di questa straordinaria testimonianza storica.
Un frammento di storia musicale
Intorno al 1590, il liutaio portoghese Belchior Diaz realizzò ciò che oggi è considerato la chitarra più antica del mondo, un esemplare completo e suonabile che rappresenta l’alba della chitarra barocca
Design e peculiarità costruttive
La chitarra presenta una forma già riconoscibile: il corpo a “8” leggermente allungato, il ponte con “tie bridge” (un tipo di ponte in cui le corde vengono annodate direttamente, come nella chitarra classica moderna), e una rosetta scolpita a forma di “mustache” tipica degli strumenti barocchi.
Corde, tasti e materiali antichi
Straordinario è il sistema dei tasti mobili in budello, legati al manico, che consentiva di regolare l’accordatura e sperimentare diversi sistemi tonali, come avveniva fino al tardo XVIII secolo. Le corde, anch’esse in budello (intestino di pecora), generano una sonorità calda, delicata e profondamente differente rispetto alle corde metalliche moderne.
L’opinione del professor Frank Koonce
Il docente dell’Arizona State University, Frank Koonce, ha sottolineato il valore unico di questo strumento, definendolo la più antica chitarra a grandezza naturale conosciuta al mondo. Costruita con cinque cori (corde singole o doppie), si distingue nettamente dalla chitarra moderna a sei corde singole.
Un aspetto interessante riguarda la tavola armonica: quella che vediamo oggi non è l’originale, ma una sostituzione effettuata circa un secolo dopo la costruzione. Era una pratica diffusa, poiché gli strumenti antichi, realizzati senza moderne strutture di rinforzo, tendevano a deformarsi nel tempo e venivano così “aggiornati” per prolungarne la vita musicale.
Koonce evidenzia anche i tasti legati in budello, spostabili lungo il manico: un sistema che offriva flessibilità di intonazione e permetteva di esplorare diversi sistemi accordali, oggi impensabili con i tasti metallici incassati delle chitarre moderne.
La voce che viene dal passato
Questa chitarra non è solo un oggetto da museo: può essere suonata. Esperti come Jon Mendle hanno avuto l’onore di farla “vivere” nuovamente in alcune dimostrazioni, permettendoci di ascoltare il suono di uno strumento vecchio oltre quattro secoli. Il fatto che ancora oggi produca suoni indica una qualità costruttiva e una conservazione eccezionali.
La sua casa oggi: il MIM di Phoenix
La chitarra è esposta al Musical Instrument Museum (MIM) di Phoenix in Arizona, dove viene valorizzata come “the world’s oldest known full-size guitar”. Qui, visitatori e appassionati possono ammirare uno degli oggetti più significativi della storia degli strumenti a corde.
Una nuova luce sulla liuteria contemporanea
Questo straordinario strumento non è solo un reperto, ma una vera voce del passato che continua a parlare al presente. Per i liutai moderni rappresenta una fonte inesauribile di ispirazione: osservarlo e ascoltarlo significa entrare in contatto diretto con i segreti dei materiali antichi, con le tecniche artigianali di oltre quattro secoli fa e con l’essenza stessa della musica barocca. Un oggetto che non si limita a raccontare la storia, ma la fa rivivere in ogni vibrazione.
Conclusioni
La chitarra più antica del mondo realizzata da Belchior Diaz attorno al 1590 è molto più di un reperto: è una testimonianza viva della tradizione musicale europea. Con i suoi tasti mobili in budello, le corde storiche, la forma barocca già evoluta e la capacità di suonare ancora oggi, ci parla direttamente da oltre quattro secoli. Esposta al MIM di Phoenix, continua a ispirare storici, musicisti e liutai, restituendo la voce di un’epoca lontana, ma ancora molto presente nel nostro patrimonio culturale.
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