Il segreto del suono di Eric Johnson: il suo rig leggendario
Quando si parla del gear di Eric Johnson, ci troviamo davanti a un mondo fatto di maniacale ricerca sonora e perfezionismo estremo. Il chitarrista texano, autore del capolavoro Cliffs of Dover che gli valse un Grammy nel 1992, è considerato uno dei più grandi virtuosi della chitarra elettrica. Ogni dettaglio – dalle chitarre agli amplificatori, dagli effetti fino alle corde e ai plettri – è scelto con cura ossessiva per scolpire un timbro inconfondibile, spesso descritto come “violin sound”. In questa guida completa analizziamo nel dettaglio chitarre, amplificatori ed effetti di Eric Johnson, scoprendo i segreti dietro uno dei suoni più leggendari della storia della musica.
Tutto sul rig di Eric Johnson
Quando i chitarristi discutono del “sacro graal” del suono elettrico, un nome emerge con regolarità: Eric Johnson. Il virtuoso texano è considerato uno dei più grandi perfezionisti della chitarra elettrica. Musicista in grado di passare ore alla ricerca di un suono più chiaro, più rotondo, più “giusto”. Johnson è un artista senza compromessi che fonde blues, rock, jazz e country per creare uno stile unico.
Vediamo più da vicino il rig di Eric Johnson.
Lo stile di Eric Johnson
Phrasing melodico
Negli anni ’80 molti virtuosi si distinguevano per velocità e piroette tecniche. Johnson, invece, ha sempre puntato sulla melodia. Anche nei passaggi più veloci, ogni nota appare intenzionale, con un timbro cantabile, spesso descritto come “violin sound”: lungo, chiaro, privo di rumori di fondo. Questo non dipende solo dal gear, ma anche dalla sua incredibile precisione nella mano destra, con cui alterna plettro e fingerpicking ottenendo un controllo dinamico quasi orchestrale.
Estetica sonora e il “violin sound”
Il suo timbro non è un artificio di marketing, ma il frutto di una ricerca maniacale della purezza. Johnson combina una leggera distorsione (spesso tramite un Tube Screamer o direttamente dal Marshall Plexi) con delay delicati e un tocco di riverbero. Evita rumori d’attacco aggressivi, scolpendo note rotonde che risuonano come linee d’archi. La sua ossessione per i dettagli è proverbiale: sostiene di distinguere persino marche di cavi e tipi di batterie nei pedali.
Versatilità stilistica
Johnson non è incasellabile. In Cliffs of Dover emerge la sua anima rock; in ballad come Song for Lynette il lato romantico, quasi classico; in brani come East Wes l’omaggio al jazz di Wes Montgomery. Persino elementi country entrano nei suoi assolo con lick rapidissimi dal sapore banjo. La sua forza è l’ampiezza stilistica mantenendo un’identità riconoscibile.
Le chitarre di Eric Johnson
Fender Stratocaster – il cuore del suo sound
La Fender Stratocaster è il simbolo del gear di Eric Johnson. Dagli anni ’70 a oggi, modelli vintage dei primi anni ’60 restano i suoi strumenti principali. Non a caso Fender ha realizzato diverse Eric Johnson Signature Stratocaster, ottimizzate in ogni dettaglio. Johnson preferisce esemplari leggeri, convinto che risuonino meglio. I pickup sono single coil in stile vintage, chiari e campanellanti senza mai essere taglienti.
Sul palco spesso suona una Stratocaster sunburst, diventata iconica come timbro di Cliffs of Dover: caldo, trasparente, incisivo.




Gibson ES-335 – il lato jazz
Nel suo arsenale non manca la Gibson ES-335, scelta per i momenti jazz e fusion. Il corpo semi-hollow dona un suono rotondo e corposo, perfetto per ballad e atmosfere morbide. Anche con la 335 Johnson mantiene il suo timbro “cantabile”.


Les Paul e altri classici
Johnson ha utilizzato anche Gibson Les Paul, soprattutto nei primi anni, per un suono più grosso e sostenuto. Non mancano strumenti acustici (Martin) e persino una Rickenbacker 12 corde per sonorità brillanti e inattese.




Gli amplificatori di Eric Johnson
Fender Deluxe Reverb e Twin Reverb – il clean
I suoi clean sound sono leggendari quanto i lead. Johnson da sempre si affida a Fender Deluxe Reverb e Twin Reverb, capaci di alti cristallini e bassi caldi, perfetti con i single coil della Stratocaster. Solitamente li tiene molto puliti, sfruttando la sola compressione delle valvole.




Marshall Plexi 100W – il lato rock
Per i suoni lead Johnson utilizza un Marshall Plexi Super Lead da 100 watt, lo stesso ampli usato da Hendrix, Clapton e Page. Lo regola allo sweet spot: sufficiente gain per sustain e calore, senza perdere definizione.


L’arte della combinazione
Il vero segreto è l’uso combinato degli ampli. Dal vivo spesso accende più testate: Fender per il canale clean e Marshall Plexi per lead e crunch, a volte in stereo. Questo gli consente di passare da arpeggi cristallini a soli cantabili nello stesso brano, creando un paesaggio sonoro ampio e tridimensionale.
Gli effetti nel rig di Eric Johnson
Overdrive e Fuzz
Il cuore del suo lead sound è l’Ibanez Tube Screamer (TS808 vintage). Non lo usa per distorsioni estreme, ma per spingere leggermente la Plexi e aumentare il sustain. In aggiunta, impiega il Dallas-Arbiter Fuzz Face, con parsimonia, per dare più carattere ai soli.




Delay ed Echo
Un’altra firma sonora è la profondità data dai delay. Storico il Maestro Echoplex EP-3, a nastro, affiancato in seguito dai delay analogici Boss (DM-2). Johnson imposta i delay corti e sottili, come un cuscino che sostiene le note senza coprirle.




Riverbero, chorus e compressione
Il riverbero a molle dei Fender è la base del suo suono ambient. Il chorus viene usato con estrema discrezione, per allargare senza snaturare. La compressione è quasi sempre presente, trasparente, utile a uniformare il tocco e a garantire sustain naturale.
Corde, plettri e accessori
La maniacale ricerca di Johnson si riflette anche negli accessori:
- Corde: set .010, cambiate spesso per mantenere brillantezza.
- Plettri: Dunlop Jazz III, piccoli e appuntiti, perfetti per il controllo delle frasi veloci e delle note lunghe.
- Cavi e batterie: sostiene di percepire differenze tra marche e materiali, un’ossessione che contribuisce al suo mito di perfezionista.




Influenza ed eredità
La discografia di Johnson non è vasta, ma la sua influenza è immensa. Dischi come Ah Via Musicom (1990) e Venus Isle (1996) sono studi obbligati per chiunque voglia esplorare il potenziale di Stratocaster, ampli valvolari e pedali.
Chitarristi come Joe Bonamassa, John Mayer e Guthrie Govan lo citano come modello. Eric Johnson incarna l’idea del chitarrista come ricercatore, sempre alla caccia di un suono migliore, mai soddisfatto.
La sua eredità è un invito ai musicisti a non fermarsi alle soluzioni più ovvie, ma a esplorare a fondo ogni dettaglio del suono.
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