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C’è un momento, nella carriera di ogni artista, in cui il coraggio di dire no può cambiare tutto. Per Linda Perry, quel momento arrivò nel 1992, quando la cantautrice californiana si ritrovò davanti a un brano che – paradossalmente – era suo, ma che non riconosceva più. Il pezzo si chiamava What’s Up?, e sarebbe presto diventato uno dei più grandi inni rock-pop degli anni ’90.

“Questo brano fa schifo”: la ribellione di Linda Perry

In un’intervista successiva, Perry ha raccontato senza mezzi termini: “Sono andata dall’etichetta e ho detto: ‘Questo brano fa schifo. Non è la canzone che ho scritto io.’Il problema? Il produttore e la casa discografica avevano deciso di modificare la sua creazione, levigandone gli spigoli e rendendola più radiofonica. Ma la nuova versione, secondo Perry, aveva perso l’anima.

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La tensione tra artista e industria discografica non era una novità, ma in questo caso si trattava di un vero scontro di visioni. Linda Perry aveva scritto What’s Up? come un grido liberatorio, un inno alla confusione e alla ricerca di sé, e non era disposta a vederlo ridotto a un semplice singolo pop.

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Un’intuizione nata per caso

Come spesso accade con le grandi canzoni, What’s Up? nacque quasi per caso. Perry racconta di averla scritta in un momento di pura ispirazione, seduta con la chitarra, senza alcuna pretesa. Ma quel tipo di ispirazione, che arriva “troppo facilmente”, è sempre sospetta per un songwriter: e se fosse già esistita?
In realtà, What’s Up? era unica, con la sua struttura semplice, la voce graffiante e la melodia che si imprime nella mente al primo ascolto.

La frase che apre il ritornello – “And I said, hey yeah yeah, what’s going on?” – è diventata un manifesto di autenticità, una delle linee più riconoscibili del decennio.

Il successo inaspettato dei 4 Non Blondes

Quando il brano uscì nel 1993 con la band 4 Non Blondes, di cui Linda Perry era frontwoman, nessuno si aspettava un tale impatto. Il video, con il suo stile spontaneo e un’estetica grunge che incarnava perfettamente lo spirito del tempo, divenne virale in un’epoca in cui YouTube non esisteva ancora.

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What’s Up? scalò le classifiche in tutto il mondo, diventando una delle canzoni più riconoscibili e reinterpretate degli anni ’90.

Dietro al successo, però, restava la tensione creativa con la produzione. Perry aveva vinto la sua battaglia artistica, ma il percorso l’aveva segnata: poco dopo, lasciò i 4 Non Blondes per intraprendere una carriera da produttrice e autrice indipendente.

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Dalla ribellione alla consacrazione come produttrice

La storia di Linda Perry non finisce con What’s Up?. Anzi, quello fu solo l’inizio. Dopo aver lasciato la band, costruì una carriera brillante dietro le quinte, collaborando con alcune delle voci più importanti della musica mondiale: Alicia Keys, P!nk, Gwen Stefani, Christina Aguilera, Dolly Parton, Adele. Ogni collaborazione portava con sé lo stesso principio che aveva guidato What’s Up?: la ricerca dell’autenticità. Perry divenne una figura di riferimento per chi, nell’industria musicale, voleva restare fedele alla propria voce.

Il lascito di un inno generazionale

A più di trent’anni dalla sua uscita, What’s Up? continua a risuonare come una delle canzoni simbolo degli anni ’90. Non solo per la sua melodia irresistibile, ma per la storia di libertà creativa che rappresenta. Linda Perry ha dimostrato che difendere la propria arte – anche a costo di scontrarsi con produttori e discografici – può trasformare un semplice brano in qualcosa di eterno.

Oggi, la sua voce e il suo approccio diretto alla musica continuano a ispirare nuove generazioni di artisti, ricordando a tutti che la sincerità, in musica, non passa mai di moda.

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Susanna Staiano
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Quando Linda Perry sfidò la sua etichetta e creò un inno immortale
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