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Il Black Album di Prince è uno dei casi più affascinanti e controversi della storia della musica moderna. Nel 1987, quando tutto sembrava pronto per l’uscita di un nuovo lavoro destinato a scuotere il panorama funk e pop internazionale, Prince prese una decisione improvvisa e radicale: ordinò alla sua etichetta di distruggere tutte le copie del disco. Un gesto estremo, quasi mitologico, che ancora oggi alimenta domande, interpretazioni e leggende. Ma cosa spinse davvero Prince a rinnegare un album completo, già stampato e distribuito ai media? E perché quella scelta segnò una svolta profonda nel suo percorso artistico?

Il contesto: Prince nel 1987, all’apice del potere creativo

Nel 1987 Prince era probabilmente l’artista più potente e imprevedibile dell’industria musicale. Reduce dal successo planetario di Sign o’ the Times, godeva di una libertà creativa pressoché totale con la Warner Bros. Records. Il suo ritmo di produzione era frenetico, quasi ossessivo: scriveva, registrava e scartava materiale a una velocità inarrivabile per chiunque altro.

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Il Black Album nasce proprio in questo clima, come reazione istintiva e viscerale al sound più sofisticato e stratificato del disco precedente. Qui Prince torna a un funk crudo, minimale, aggressivo, dominato da drum machine, bassi profondi e testi provocatori.

Cos’era davvero il Black Album

Conosciuto semplicemente come The Black Album, il disco non aveva titolo ufficiale sulla copertina: solo una superficie nera, senza nome né immagini. Una scelta che rifletteva l’anima del progetto, volutamente spoglia e oscura.

Musicalmente, il Black Album era un ritorno al groove primitivo, lontano dal pop radiofonico. Brani come Le Grind o Bob George mostravano un Prince ironico, tagliente, a tratti disturbante. Un album che sembrava voler sfidare il pubblico e l’industria più che conquistarli.

La decisione improvvisa: “Distruggeteli tutti”

A pochi giorni dalla release ufficiale, Prince convocò i dirigenti dell’etichetta e pronunciò una frase diventata leggendaria: “Look, I want you to take all those albums and destroy them”. Nessuna spiegazione dettagliata, nessun compromesso.

Secondo diverse testimonianze, Prince era convinto che il disco fosse “malvagio”, portatore di un’energia negativa. In quel periodo l’artista stava attraversando una fase di forte introspezione spirituale, avvicinandosi sempre più alla fede e a una visione morale rigida della propria musica.

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Il ruolo della spiritualità e della paranoia creativa

Uno degli elementi più discussi riguarda il possibile legame tra il ritiro del Black Album e la crescente spiritualità di Prince. Alcuni collaboratori raccontano che l’artista ebbe un incubo particolarmente vivido, interpretato come un segnale divino: il disco non doveva vedere la luce.

Che si trattasse di vera convinzione religiosa o di una forma estrema di auto-censura creativa, è chiaro che Prince percepì quel lavoro come incompatibile con la nuova direzione della sua identità artistica.

Una mossa anche strategica?

Altri osservatori suggeriscono una lettura più pragmatica. Dopo Sign o’ the Times, il Black Album appariva volutamente anti-commerciale. Ritirarlo poteva essere anche un modo per controllare la narrazione, alimentare mistero e rafforzare l’aura mitologica che già circondava Prince.

Non va dimenticato che alcune copie promozionali circolarono comunque, trasformando il disco in uno degli album bootleg più ricercati della storia negli anni successivi.

Le conseguenze: un cambio di rotta immediato

Il ritiro del Black Album non lasciò un vuoto creativo. Al contrario, Prince reagì rapidamente pubblicando Lovesexy nel 1988: un album luminoso, spirituale, quasi opposto per intenti e atmosfera. Dove il Black Album era oscuro e carnale, Lovesexy era redenzione e trascendenza.

Questo contrasto netto rende ancora più evidente quanto quella decisione fosse centrale nella sua evoluzione artistica.

La pubblicazione ufficiale e la rivalutazione

Solo nel 1994, anni dopo, il Black Album venne finalmente pubblicato ufficialmente, quando ormai la sua leggenda aveva superato la musica stessa. Ascoltato fuori contesto, il disco è oggi considerato un tassello fondamentale per comprendere la complessità di Prince, non un errore ma un’opera scomoda, volutamente estrema.

Molti lo vedono come uno dei suoi lavori funk più puri, un documento autentico di un artista che non ha mai avuto paura di contraddirsi.

Il Black Album oggi: errore o atto di genio?

Col senno di poi, il ritiro del Black Album appare meno come un capriccio e più come un gesto coerente con la personalità di Prince. Un artista che ha sempre messo l’integrità creativa sopra ogni logica commerciale, anche a costo di sabotare se stesso.

Ed è proprio questa radicalità a rendere ancora oggi la sua figura così rilevante e discussa.

Ulteriori Informazioni:

Susanna Staiano
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Prince e il Black Album: perché lo ritirò prima dell’uscita
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