a cura di Francesco Di Mauro | Tempo di lettura approssimativo: 9 minuti
Biglietti introvabili? Il lato oscuro del secondary ticketing

Biglietti introvabili? Il lato oscuro del secondary ticketing  ·  Fonte: Passione Strumenti

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Biglietti esauriti in meno di cinque minuti. Migliaia di fan a bocca asciutta. E sul web, nel giro di poche ore, gli stessi biglietti compaiono a prezzi triplicati. Se vi sembra una truffa, è perché in parte lo è. Ma è una truffa legalizzata, organizzata e difficile da combattere: si chiama secondary ticketing.

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Negli ultimi anni, acquistare un biglietto per un concerto di grande richiamo è diventata una corsa a ostacoli. Si entra in coda virtuale ore prima dell’apertura delle vendite, si aggiornano compulsivamente le pagine di TicketOne o di Live Nation, si incrociano le dita. Eppure, troppo spesso, il risultato è sempre lo stesso: sold out. Ma davvero tutti quei biglietti sono finiti nelle mani dei fan?

Dietro a questa dinamica sempre più esasperata si nasconde un mercato parallelo che vale milioni di euro: quello della rivendita online di biglietti a prezzo maggiorato, noto come secondary ticketing. Un fenomeno tanto diffuso quanto ambiguo, che sfrutta le falle del sistema ufficiale per trasformare l’esperienza del live in un privilegio per pochi.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza:

  • Cos’è davvero il secondary ticketing
  • Come funzionano le piattaforme “certificate” come Fansale
  • Cosa dice (o non dice) la legge
  • E soprattutto: come possiamo difenderci da questo meccanismo malato

Perché andare a un concerto non dovrebbe diventare un lusso da collezionisti.

Cos’è il secondary ticketing (e perché è legale solo a metà)

Il termine secondary ticketing indica la rivendita di biglietti per eventi dal vivo – concerti, festival, spettacoli teatrali, eventi sportivi – al di fuori dei canali ufficiali e, spesso, a prezzi maggiorati. Si tratta di un mercato parallelo che opera sul filo della legalità, sfruttando ambiguità normative e falle nei sistemi di distribuzione.

A differenza del bagarinaggio “di strada” che molti ricordano fuori dagli stadi, oggi il fenomeno si è digitalizzato: piattaforme online, bot automatizzati, account multipli, algoritmi per l’acquisto massivo. Un vero e proprio sistema industriale, in cui pochi attori acquistano migliaia di biglietti per poi rivenderli a prezzo maggiorato su siti paralleli, approfittando della domanda altissima e della scarsa trasparenza.

Quando il biglietto diventa merce

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In questo contesto, il biglietto da strumento di accesso diventa un bene speculativo, un investimento. I fan perdono il ruolo centrale e diventano semplici acquirenti in un mercato dominato da algoritmi, reseller professionisti e dinamiche di profitto.

In alcuni casi, i biglietti vengono messi in rivendita ancora prima di essere ufficialmente disponibili. Un chiaro segnale di pratiche poco limpide, spesso rese possibili da accordi opachi tra promoter, rivenditori e piattaforme esterne.

A causa del secondary ticketing il prezzo dei biglietti sale esponenzialmente!
A causa del secondary ticketing il prezzo dei biglietti sale esponenzialmente! · Fonte: Passione Strumenti

Il caso italiano: leggi, buchi e contraddizioni

In Italia, il secondary ticketing è stato formalmente vietato dalla Legge di Bilancio 2017, che ne ha proibito la rivendita al di fuori dei canali autorizzati. Dal 1° luglio 2019 è anche obbligatorio, per i grandi eventi (oltre 5.000 spettatori), l’uso di biglietti nominali.

Ma la realtà è più complessa:

  • Le sanzioni sono poco applicate.
  • I controlli sono rari.
  • Le piattaforme che operano nel cosiddetto “mercato secondario legale” – spesso legate ai circuiti ufficiali stessi – aggirano le restrizioni giocando con le definizioni.

Nel 2020, l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha multato TicketOne per abuso di posizione dominante e connivenza con il secondary ticketing, ma le pratiche opache non si sono fermate. E nel frattempo, i fan continuano a pagare il prezzo più alto: economicamente e culturalmente.

TicketOne ha attuato pratiche commerciali scorrette, agevolando la rivendita di biglietti su canali secondari.”
Fonte: comunicato AGCM del 17 aprile 2020

Fansale e le “alternative legali”: soluzione o paravento?

Negli ultimi anni, in risposta al crescente malcontento sul secondary ticketing, alcune piattaforme ufficiali hanno lanciato circuiti di rivendita “sicura” dei biglietti. Tra queste, la più nota in Italia è Fansale, il portale di rivendita gestito direttamente da CTS Eventim, la società madre di TicketOne.

Come funziona Fansale?

Fansale si propone come un’alternativa legale e controllata alla rivendita selvaggia:

  • Ogni biglietto è verificato attraverso codice a barre.
  • Il prezzo è bloccato o comunque regolamentato.
  • L’intestatario del biglietto può cambiarlo in modo nominale.

In teoria, l’idea è quella di tutelare i fan che non possono più partecipare a un evento, offrendo loro la possibilità di rivendere il biglietto senza lucrarci sopra, e permettere ad altri di acquistarlo in sicurezza.

Ma è davvero così semplice?

I limiti (e le contraddizioni) del sistema

Sebbene Fansale presenti alcuni vantaggi rispetto ai marketplace speculativi, diversi aspetti restano ambigui:

  • È gestita dallo stesso gruppo che vende i biglietti in prima istanza.
    TicketOne, infatti, è controllata da CTS Eventim, la stessa realtà che gestisce Fansale. Questo solleva più di un dubbio su potenziali conflitti di interesse.
  • Non sempre il prezzo è “fisso”.
    In alcune occasioni sono stati segnalati rialzi nei costi finali dovuti a commissioni e “tariffe di rivendita”, che aumentano sensibilmente il prezzo originale.
  • Non c’è reale trasparenza sulla disponibilità dei biglietti.
    È difficile verificare quante unità vengano effettivamente messe in vendita sul canale primario e quante di queste “ricompaiano” su Fansale dopo pochi minuti.

“Il biglietto è lo stesso, il circuito è lo stesso, il prezzo no. E il fan paga comunque di più.”
una recensione utente su Trustpilot relativa a Fansale, 2023

Soluzione o normalizzazione del problema?

Il punto più critico è che piattaforme come Fansale rischiano di legittimare una dinamica speculativa, pur mitigandone alcuni aspetti. In pratica, trasformano la rivendita in una fase integrata del ciclo di vendita, spostando il problema invece di risolverlo.

Il risultato?
Il valore simbolico del biglietto – quello che un tempo significava “essere lì”, “partecipare”, “condividere” – viene completamente svuotato. Al suo posto, una logica da e-commerce, dove tutto è monetizzabile. Anche l’esperienza di un concerto.

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Ulteriori informazioni

Alternative a Fansale: esistono davvero piattaforme “etiche”?

Se Fansale è il portale ufficiale legato a TicketOne, esistono altri servizi che si presentano come soluzioni più “eque” per la rivendita dei biglietti. Tra questi, il più citato è TicketSwap.

🎟️ TicketSwap⚠️ Altri siti da evitare
Origine: nata nei Paesi Bassi, è presente anche in Italia.Piattaforme come Viagogo, StubHub o portali generalisti come eBay e Facebook Marketplace
Funzionamento: rivendita tra privati con controllo biglietto e margine massimo del +20% sul prezzo originale.Nessuna garanzia sul biglietto
Controlli: utilizza il sistema SecureSwap in collaborazione con alcune piattaforme primarie (non tutte).Prezzi gonfiati anche del 500%
Pro: trasparenza, limite alla speculazione, app mobile intuitiva.Rischio elevato di truffa o duplicazione
Contro: funziona solo con eventi affiliati, e le disponibilità sono spesso molto basse.

💡 Consiglio per i fan:

Se vuoi usare una piattaforma di rivendita, verifica sempre se l’evento è supportato dalla piattaforma e controlla la politica di rimborso. Se il prezzo è troppo alto per essere vero, probabilmente è proprio così.

Il punto di vista degli artisti e dei promoter

In un settore dove ogni biglietto rivenduto rappresenta una distorsione dell’esperienza dal vivo, sempre più artisti si stanno schierando contro il secondary ticketing. Alcuni hanno adottato soluzioni tecnologiche, altri hanno lanciato veri e propri atti d’accusa pubblici. Ma la lotta è tutt’altro che semplice.

Gli artisti che hanno detto basta

Uno dei primi in Italia a rompere il silenzio fu Vasco Rossi, che nel 2017 denunciò pubblicamente le dinamiche speculative legate ai suoi concerti. Il suo post su Facebook fece il giro del web:

“Il bagarinaggio online è una vergogna legalizzata. I biglietti devono andare ai fan, non ai rivenditori.”
Vasco Rossi, 2017

Anche artisti internazionali come i Pearl Jam, da sempre attenti all’etica del live, hanno adottato sistemi di biglietteria nominale e limiti sulla rivendita:

“Il sistema dei biglietti è rotto. Noi usiamo biglietti nominali per garantire l’accesso vero ai fan.”
Pearl Jam, 2018

I Radiohead sono arrivati al punto di bloccare intere rivendite online per evitare speculazioni sui tour europei. Ed Sheeran, nel 2019, ha usato un sistema di vendita diretto per garantire il controllo sull’intera filiera. In tutti i casi, il messaggio è chiaro: il concerto non può diventare un lusso.

La dichiarazione di Adam Webb
La dichiarazione di Adam Webb · Fonte: Passione Strumenti

I tentativi (spesso inefficaci) dei promoter

Anche i promoter hanno cercato di contrastare il fenomeno, spesso con soluzioni a metà strada tra la buona volontà e la resa:

  • Biglietti nominali obbligatori: introdotti in Italia per gli eventi sopra i 5.000 spettatori, sono stati accolti con freddezza per la complessità dei controlli e i disagi logistici.
  • Blockchain e QR dinamici: sperimentati da alcune agenzie europee, promettono sicurezza totale ma restano ancora di nicchia.
  • Whitelist e fan club: usate da Live Nation o D’Alessandro e Galli per eventi di nicchia, garantiscono accesso controllato… fino a un certo punto.

Spesso, però, le stesse figure che dovrebbero difendere l’integrità della filiera sono anche coinvolte nei circuiti ufficiali di rivendita, o non hanno interesse a ridurre la marginalità degli eventi sold out.

Il paradosso del “sistema chiuso”

Il problema principale è che l’intero sistema – dagli artisti ai promoter, fino ai distributori – è interdipendente. Intervenire significa rimettere in discussione equilibri economici consolidati, dove il fan è sempre l’ultima ruota del carro.

“Se vuoi davvero fermare il secondary ticketing, devi essere disposto a rinunciare a una fetta di guadagno. E pochi sono disposti a farlo.”
Manager anonimo, citato in un’inchiesta del Guardian (2022)

Guida rapida: come difendersi dal secondary ticketing

  1. COMPRA SOLO DAI CANALI UFFICIALI
    🎯 TicketOne, Vivaticket, Dice, Ticketmaster
    🔍 Controlla sempre i link dal sito dell’artista
    🚫 Mai fidarsi di portali non citati tra quelli ufficiali
  2. ANTICIPA TUTTI CON PRE-SALE & FAN CLUB
    📩 Iscriviti alle newsletter degli artisti
    🎟️ Usa codici pre-sale da Spotify, fan club, sponsor
    🚪 Evita la ressa della vendita generale
  3. NO A FACEBOOK, EBAY & CO.
    ⚠️ Marketplace e gruppi social = rischio truffe
    🔁 Biglietti duplicati o falsi
    🚷 Nessuna tutela legale per l’acquirente
  4. RIVENDI SOLO IN SICUREZZA
    ✅ Fansale (TicketOne), TicketSwap, Dice
    👤 Cambia nome in modo tracciabile
    📛 Evita DM e vendite “a mano”
  5. PREZZO SOSPETTO? ALLERTA TRUFFA
    💸 Se troppo basso = probabile truffa
    📈 Se troppo alto = probabile speculazione
    🔍 Controlla sempre il prezzo face value
  6. BONUS TIP: DOCUMENTA TUTTO
    📥 Salva la mail e il PDF del biglietto
    📸 Screenshot della pagina di acquisto
    ✅ Controlla che il QR sia attivo
  7. RICORDA
    Il biglietto è tuo, non un bene da rivendere.
    La musica dal vivo è un diritto, non un privilegio.

Conclusione – La musica dal vivo non può diventare un lusso

Una volta i concerti erano momenti di connessione, sudore e libertà. Oggi rischiano di diventare un bene per pochi, mediato da piattaforme, algoritmi e profitti. Il secondary ticketing è solo la punta dell’iceberg: rappresenta una distorsione profonda del senso stesso di vivere la musica insieme.

In teoria, esistono leggi, piattaforme certificate, sistemi di controllo. In pratica, il sistema è progettato per funzionare così: escludere, selezionare, massimizzare.

Il fan, in tutto questo, è l’ultima voce ascoltata, quella che paga, aspetta, si arrabbia e troppo spesso si arrende.

Ma non dovrebbe andare così. La musica dal vivo dovrebbe essere un diritto culturale, non un lusso da collezionisti.

Siamo in un’epoca in cui gli artisti parlano sempre più direttamente con il proprio pubblico. In cui le community possono farsi sentire. E in cui ogni acquisto è anche un gesto politico.

La domanda, allora, è semplice:

Siamo ancora disposti a pagare 300 euro per stare in piccionaia? Oppure è il momento di pretendere un sistema più giusto, trasparente e umano?

Ulteriori Informazioni:

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