Il 1° novembre 1968, George Harrison pubblicava Wonderwall Music, un disco destinato a entrare nella storia non solo per il suo valore musicale, ma anche per il suo significato simbolico. Fu infatti il primo album solista realizzato da un membro dei Beatles, aprendo una nuova fase nella carriera del “quiet Beatle”, che proprio in quel periodo iniziava a distaccarsi dall’ombra del leggendario quartetto di Liverpool.
Un progetto nato tra cinema e sperimentazione sonora
Wonderwall Music nacque come colonna sonora del film “Wonderwall” di Joe Massot, una produzione psichedelica tipica della fine degli anni Sessanta. Harrison, appassionato di musica indiana e di nuove forme di espressione sonora, vide in questo progetto l’occasione ideale per unire Oriente e Occidente, strumenti tradizionali e modernità, intuizione e libertà creativa.
Le registrazioni si svolsero tra Londra e Bombay, coinvolgendo musicisti indiani come Ashish Khan e Sharad Jadev, insieme a colleghi britannici della scena rock psichedelica. Il risultato fu un mosaico sonoro inedito per l’epoca: un viaggio musicale senza barriere, dove il sitar dialogava con la chitarra elettrica e le melodie si dissolvevano in atmosfere oniriche.
Un album senza parole, ma pieno di significati
A differenza dei lavori dei Beatles, Wonderwall Music è composto quasi esclusivamente da brani strumentali. L’assenza di testi non è casuale: Harrison intendeva lasciare spazio al potere evocativo della musica, trasformando ogni suono in una forma di meditazione.
Brani come Microbes e Red Lady Too mostrano la sua vena più contemplativa, mentre Ski-ing e Party Seacombe rispecchiano l’anima più psichedelica e ironica del periodo. L’intero disco si muove tra spiritualità e sperimentazione, anticipando la direzione che Harrison avrebbe poi seguito nei suoi futuri lavori solisti.
Un successo silenzioso, ma fondamentale
Nonostante la sua importanza storica, Wonderwall Music non ottenne un grande successo commerciale al momento dell’uscita. Nel Regno Unito non riuscì a entrare stabilmente in classifica, e anche la critica dell’epoca lo accolse con curiosità ma senza entusiasmo.
Eppure, con il tempo, l’album è stato rivalutato come una pietra miliare nella carriera di George Harrison. Fu il primo segnale della sua indipendenza artistica e del suo desiderio di esplorare sonorità lontane dal rock convenzionale dei Beatles. Molti elementi di Wonderwall Music torneranno, ampliati e maturati, nel capolavoro All Things Must Pass del 1970.
Dall’India a Manchester: la connessione con gli Oasis
Un dettaglio curioso: il titolo Wonderwall avrebbe ispirato, quasi trent’anni dopo, la celebre canzone “Wonderwall” degli Oasis, scritta da Noel Gallagher nel 1995. Pur trattandosi di due opere molto diverse, entrambe condividono un elemento comune: l’idea della musica come barriera e ponte al tempo stesso, un confine che separa e unisce mondi, emozioni e generazioni.
Il messaggio universale George Harrison
Oggi, George Harrison Wonderwall Music è considerato un disco di culto, amato da chi cerca nella musica un’esperienza sensoriale e spirituale. È anche una testimonianza della curiosità infinita di Harrison, della sua capacità di fondere culture e linguaggi diversi, e della libertà creativa che lo ha sempre distinto dai suoi compagni di band.
In un’epoca in cui molti artisti cercano ancora di abbattere le barriere tra generi e culture, Wonderwall Music resta un punto di riferimento, una porta aperta verso l’universo sonoro che Harrison sognava di esplorare.
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