Il 2 novembre 1966 segna una data importante nella storia della musica americana: la scomparsa di Mississippi John Hurt, uno dei più grandi interpreti del blues acustico e del folk tradizionale. La sua voce pacata, il tocco delicato sulla chitarra e il suo stile unico di fingerpicking hanno lasciato un’impronta indelebile su generazioni di artisti e appassionati.
Dalle colline del Mississippi alla rinascita negli anni ’60
Nato nel 1893 a Teoc, nel cuore del Mississippi, John Hurt imparò a suonare la chitarra da autodidatta. Il suo stile si formò tra i canti dei campi, gli spiritual e le prime forme di blues rurale. Negli anni ’20 incise alcuni brani per la Okeh Records, ma il suo talento rimase a lungo nell’ombra, oscurato dal declino commerciale del blues acustico durante l’era del jazz e del blues urbano.
Tutto cambiò negli anni ’60, durante la riscoperta del folk e del blues tradizionale: i collezionisti e gli studiosi del folk revival riportarono alla luce le sue vecchie incisioni, portandolo finalmente alla fama che meritava. Con una chitarra in mano e un sorriso gentile, Hurt tornò sulle scene a oltre settant’anni, conquistando i palchi del Newport Folk Festival e le università americane.
Uno stile che ha ispirato generazioni di chitarristi
Il marchio di fabbrica di Mississippi John Hurt era la sua tecnica di fingerpicking fluida e melodica, in cui il pollice teneva il tempo sul basso mentre le dita disegnavano linee melodiche leggere e precise. Questo approccio ha influenzato in modo diretto artisti come Bob Dylan, Doc Watson, Taj Mahal e John Fahey, fino ai moderni cantautori acustici.
A differenza di molti bluesman dell’epoca, Hurt preferiva un tono intimo e gentile, lontano dal pathos drammatico del Delta blues. Nelle sue canzoni — “Candy Man Blues”, “Spike Driver Blues”, “Avalon Blues” — emergevano la serenità e la saggezza di chi aveva trasformato la vita quotidiana in poesia musicale.
L’eredità di Mississippi John Hurt
Quando morì il 2 novembre 1966, John Hurt lasciò un’eredità che sarebbe esplosa negli anni successivi. Le sue registrazioni per la Library of Congress e i suoi album per Vanguard divennero un punto di riferimento per ogni musicista interessato alle radici del blues acustico.
Oggi il suo nome è sinonimo di eleganza chitarristica e autenticità, un ponte tra il mondo rurale del Delta e la rinascita folk degli anni Sessanta. Ascoltare le sue registrazioni significa entrare in un mondo fatto di suoni limpidi, di ritmo naturale e di una calma che solo i grandi maestri sanno trasmettere.
Un blues che parla di umanità
Mississippi John Hurt non gridava il suo dolore: lo sussurrava. Il suo blues è la prova che la forza della musica non risiede nel volume, ma nell’anima. La sua lezione rimane attuale: la tecnica serve la sensibilità, e la semplicità può contenere un mondo intero di emozioni.
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