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Perché alcune Fender vintage presentano un relic così estremo, ben oltre il semplice “vissuto” da palco? Dalla Stratocaster di Rory Gallagher alla mitica Number One di Stevie Ray Vaughan, fino alle chitarre di Mike McCready e Mike Campbell, gli strumenti più iconici della storia della musica mostrano un consumo quasi irreparabile. Per anni si è parlato di sudore acido, di cinturoni assassini o di tour infiniti. Ma due Masterbuilder del Fender Custom Shop – Dale Wilson e Andy Hicks – hanno offerto una nuova e sorprendente spiegazione, più vicina alla realtà di quanto sembri.

Perché le Fender più iconiche sono così consumate: la spiegazione dei Masterbuilder

Nel panorama chitarristico, una Fender vissuta e consumata è quasi un feticcio visivo. La Stratocaster del 1961 di Rory Gallagher, venduta per oltre un milione di dollari, ne è un esempio assoluto. Così come la Number One di Stevie Ray Vaughan, tra le chitarre più amate e imitate al mondo.

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A queste si affiancano le Strat di Mike McCready e Mike Campbell, trasformate dal palco e dalla strada in oggetti unici.

Negli anni sono nate molte teorie per spiegare tale degrado: acidità del sudore, buckle rash, urti accidentali, gioielli, cinture. Teorie affascinanti, ma spesso parziali.

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Fender Rory Gallagher Relic Strat
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La teoria di Dale Wilson: il segreto dell’usura estrema

Secondo Dale Wilson, uno dei più celebrati Masterbuilder del Fender Custom Shop, la vera origine dell’usura devastante non è l’acidità del sudore… ma il sudore stesso.
Wilson sostiene che molti musicisti storici, specialmente in tournée, riponevano la chitarra nella custodia quando era ancora completamente bagnata di sudore. Una pratica comune per chi vive ritmi serrati da tour:

“La mettevano via bagnata, chiudevano la custodia e partivano per il prossimo show”, spiega Wilson.

L’umidità intrappolata all’interno agiva come una sorta di “incubatore” che favoriva l’ammorbidimento e distacco della vernice nitro, soprattutto nelle zone già indebolite dal checking naturale

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Una teoria confermata da Andy Hicks, altro Masterbuilder di punta, noto per i suoi relic estremi.

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Ulteriori informazioni

Perché le chitarre vintage soffrono di più?

Le Fender d’epoca utilizzavano una vernice nitrocellulosica, molto amata per la sua capacità di far “respirare” il legno, ma estremamente sensibile a:

  • sudore
  • umidità
  • sbazi termici
  • micro-fratture del finish (checking)

Hicks conferma che il sudore penetra facilmente nelle crepe della nitro, “festeggia sotto il finish” e indebolisce progressivamente l’aderenza della vernice al legno.
Questo spiega l’effetto visivo tipico delle Fender ultra-relic: bolle, macchie, distacchi profondi e quella patina scura che caratterizza i modelli più iconici.

Buckle rash? Sì, ma è solo una parte della storia

Wilson riconosce che abrasioni da cinture, bottoni o urti contribuiscono all’usura. Ma insiste: sono solo l’ultimo strato del processo. Il vero colpevole è la vernice nitro indebolita dall’acqua.

Una volta che la nitro ha assorbito umidità, qualsiasi sfregamento – anche solo la stoffa dei jeans – può provocare danni molto più profondi.

Il fascino del relic: quando la storia diventa estetica

Wilson e Hicks non spiegano solo l’usura: ne celebrano il valore culturale.
Queste chitarre sono storie viventi, il risultato di vite intense, palchi roventi e tour infiniti.

Ed è proprio questa autenticità che i Masterbuilder cercano di replicare nelle loro relic Fender Custom Shop, incluse le creazioni più folli come la recente Godzilla Stratocaster con tasto “Roar”.

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Fender Stevie Ray Vaughan
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Conclusioni: cosa ci insegna davvero il relic delle Fender vintage

L’usura estrema delle Fender vintage non è un mito romantico, ma il risultato di gesti reali, abitudini quotidiane e finiture delicate come la nitro. La teoria di Dale Wilson e Andy Hicks offre una spiegazione concreta e affascinante, rivelando come sudore, checking e custodie chiuse possano dare vita alle chitarre più iconiche della storia.

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Francesco Di Mauro
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