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Rock Is Not Dead non è solo uno slogan, ma una presa di posizione culturale sempre più frequente nel dibattito musicale contemporaneo. A ribadirlo con forza è Yungblud, artista britannico spesso al centro di polemiche, che negli ultimi anni si è imposto come una delle voci più rumorose — e discusse — della nuova generazione rock. In un’epoca in cui il mainstream decreta ciclicamente la “morte” del rock, Yungblud rappresenta una risposta diretta, viscerale e senza compromessi a una narrativa che appare sempre più scollegata dalla realtà.
Il punto non è stabilire se il rock sia vivo o morto, ma capire come stia cambiando e perché questo cambiamento venga spesso frainteso.

La narrativa mainstream: il rock come reliquia

Da almeno due decenni, il rock viene raccontato come un genere “finito”, confinato alla nostalgia, ai grandi classici e a un pubblico che invecchia. Secondo questa visione, l’assenza di band rock ai vertici delle classifiche globali o nei grandi numeri dello streaming sarebbe la prova definitiva del declino.

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Questa lettura, però, è profondamente riduttiva. Misurare la vitalità di un genere esclusivamente attraverso chart, radio commerciali e algoritmi significa ignorare ciò che il rock è sempre stato: una controcultura, non un prodotto da classifica. Il rock non nasce per essere rassicurante o facilmente monetizzabile, ma per disturbare, dividere, creare identità.

In questo senso, la narrativa mainstream non fotografa la realtà: la semplifica.

Yungblud come simbolo di frattura generazionale

Yungblud non è un rocker “tradizionale”, e probabilmente è proprio questo il punto. La sua musica mescola punk, alternative rock, pop, hip hop ed elettronica, creando un linguaggio ibrido che manda in crisi i puristi. Ma il rock, storicamente, è sempre stato contaminazione.

  • Negli anni ’60 era blues elettrificato.
  • Negli anni ’70 si è fatto teatrale e politico.
  • Negli anni ’90 ha assorbito rabbia, disagio e minimalismo.

Oggi si confronta con una generazione cresciuta tra playlist, social media e identità fluide. Yungblud incarna questa trasformazione: non si limita a suonare rock, usa l’attitudine rock per parlare di alienazione, salute mentale, genere, appartenenza.

È qui che il messaggio Rock Is Not Dead assume un significato più profondo: il rock non è morto, ma non ha più bisogno di assomigliare al passato per esistere.

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Il conflitto con i gatekeeper del genere

Ogni fase di rinnovamento del rock ha incontrato resistenze. I gatekeeper — critici, fan storici, industria — tendono a difendere una definizione rigida del genere, spesso legata a un’epoca precisa. Chi devia viene accusato di “non essere vero rock”.

Yungblud è uno dei bersagli preferiti di questo atteggiamento. Il suo look, l’uso dei social, l’apertura al pop e la comunicazione diretta con i fan vengono letti come elementi di superficialità. In realtà, rappresentano un adattamento naturale al contesto contemporaneo.

Il rock non ha mai rifiutato il proprio tempo storico. Quando lo fa, smette di essere rilevante.

Nuove generazioni, nuovi spazi

Un errore comune è pensare che il rock non interessi più ai giovani. La verità è che non lo consumano più negli stessi spazi. Festival alternativi, community online, concerti sold-out di artisti non mainstream raccontano una storia diversa da quella delle classifiche.

Yungblud parla direttamente a una generazione che non cerca etichette musicali rigide, ma esperienze emotive autentiche. Il rock, in questo contesto, diventa un linguaggio espressivo, non un genere chiuso.

Questa nuova ondata non vive solo di chitarre distorte, ma di:

  • identità fluide
  • messaggi inclusivi
  • rabbia trasformata in consapevolezza
  • estetica come parte del discorso musicale

Elementi che il rock ha sempre avuto, ma che oggi assumono forme diverse.

Rock come attitudine, non come formula

Forse il problema sta proprio qui: continuare a definire il rock come una formula sonora anziché come un’attitudine. Se il rock è ribellione, rifiuto delle convenzioni, urgenza comunicativa, allora è tutt’altro che morto.

Yungblud non suona come i Led Zeppelin, così come i Sex Pistols non suonavano come Chuck Berry. Eppure nessuno metterebbe in dubbio il loro posto nella storia del rock.

Rock Is Not Dead diventa quindi una dichiarazione contro l’immobilismo culturale, non una nostalgia travestita da slogan.

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Conclusioni

Dire che il rock è morto è facile. Capire come sta cambiando è molto più complesso. Yungblud, con tutti i suoi limiti e le sue provocazioni, rappresenta una crepa nel racconto dominante, una voce che ricorda come il rock non sia mai stato comodo, né prevedibile.

Forse il rock non ha bisogno di essere salvato. Ha solo bisogno di essere lasciato evolvere.

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Susanna Staiano
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Rock Is Not Dead: Yungblud contro la narrativa mainstream
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