Quando Flea pubblica qualcosa di nuovo, il mondo musicale si ferma un attimo. Ma la sorpresa più grande questa volta non è semplicemente un nuovo singolo: è il fatto che il leggendario bassista dei Red Hot Chili Peppers sia tornato al suo primo amore musicale, la tromba. Il brano si intitola A Plea e rappresenta un passo inatteso ma profondamente coerente con la sua storia artistica, da sempre segnata da curiosità, istinto e libertà creativa.
Un ritorno che per molti fan è stato un fulmine a ciel sereno, ma che per chi conosce a fondo il percorso di Flea racconta una verità intima: prima di diventare uno dei bassisti più influenti del rock moderno, il giovane Michael Balzary era un trombettista appassionato, cresciuto tra jazz, funk e fusion. Con questo singolo, quel cerchio sembra essersi chiuso — o forse appena riaperto.
A Plea: il nuovo volto musicale di Flea
A Plea si presenta come un brano fuori dagli schemi abituali di Flea, almeno per il grande pubblico. La tromba, il suo strumento originario, dialoga con linee di basso minimali e con una voce che emerge fragile, quasi confessionale. Niente slap, niente groove incendiari: qui domina un’atmosfera sospesa, introspettiva, quasi meditativa.
L’uso della tromba non è un semplice vezzo nostalgico. Il suono è caldo, diretto, umano, e mette in luce la parte più vulnerabile e autentica dell’artista. In alcuni passaggi, la tromba sembra addirittura sostituire la voce, raccontando emozioni che non hanno bisogno di parole. È un linguaggio che appartiene al jazz, ma filtrato attraverso la sensibilità di un musicista che ha interiorizzato decenni di rock, funk e sperimentazione.
Il risultato è un brano che non rincorre le classifiche: preferisce raccontare una storia, o forse un bisogno — quel “plea”, quella supplica che dà titolo al pezzo. Una richiesta di dialogo, di umanità, di comprensione. Un invito a rallentare, ascoltare, respirare.
Un progetto jazz che cambia le aspettative
La pubblicazione del singolo non è un episodio isolato: A Plea anticipa un album solista previsto per il 2026, un progetto profondamente legato al mondo jazz, registrato con una formazione di musicisti d’avanguardia. Flea ha riunito una sorta di dream-team contemporaneo, selezionando figure che si muovono tra jazz sperimentale, improvvisazione e minimalismo.
Non si tratta del classico “disco collaterale” registrato nei tempi morti fra un tour e l’altro: tutto indica che Flea abbia investito energia, tempo e visione. Dai primi dettagli diffusi, il disco si orienterà verso una dimensione spirituale e meditativa, con brani costruiti su strutture fluide, interplay improvvisato e dialoghi strumentali intensi. Lontano anni luce dal funk-rock dei Chili Peppers, ma perfettamente in linea con la natura eclettica di un musicista che non ha mai smesso di reinventarsi.
Chi ha seguito la carriera di Flea sa quanto le sue influenze jazz siano sempre state presenti, anche nei momenti più esplosivi dei RHCP. Questo album, però, sembra finalmente offrirgli lo spazio ideale per esplorarle senza limiti, dando vita a un progetto maturo e personale.
Perché proprio la tromba? Il ritorno alle origini
Molti fan si sono chiesti cosa abbia spinto Flea a rispolverare la tromba proprio ora. La risposta, a leggere le sue dichiarazioni, sembra semplice e profonda allo stesso tempo: la tromba è il luogo in cui nasce la sua identità musicale. È lo strumento che lo ha formato, quello che gli ha insegnato disciplina, respiro, ascolto.
Suonare la tromba significa anche esporsi: non c’è un amplificatore a nascondere le imperfezioni, non ci sono effetti per correggere l’emissione. Esiste solo il musicista e il suo fiato. È un gesto di vulnerabilità, ma anche di grande onestà.
Ecco perché A Plea suona così autentica: perché nasce da una parte della vita artistica di Flea che non avevamo ancora visto così chiaramente. Il brano, più che un singolo, sembra una dichiarazione d’intenti: rivendicare la libertà di seguire una strada personale, lontana dal successo facile e dalle aspettative esterne.
Un nuovo capitolo per il bassista dei RHCP
Questa svolta non significa un addio al basso né ai Red Hot Chili Peppers. Flea rimane un membro centrale della band, e il suo stile continua a essere un pilastro del loro sound. Ma allo stesso tempo, A Plea e il prossimo album jazz mostrano come un artista possa evolversi senza rinnegare nulla, anzi arricchendo il proprio percorso.
Per il pubblico, questo progetto è un’occasione per scoprire un lato nuovo e sorprendente di un musicista che pensavamo di conoscere già molto bene. Per Flea, è un ritorno a casa, a quella scintilla originaria che lo ha portato a diventare uno dei musicisti più influenti degli ultimi quarant’anni.
Il bello è che questo nuovo capitolo sembra appena iniziato. E se A Plea è solo l’inizio, il 2026 potrebbe regalarci una delle uscite più originali e sincere dell’intera scena jazz contemporanea.
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