La storia dei The Cure perde uno dei suoi protagonisti più discreti ma fondamentali. Perry Bamonte, chitarrista e tastierista della band britannica, è morto all’età di 65 anni dopo una breve malattia, nella sua casa nel Regno Unito. L’annuncio è arrivato attraverso il sito ufficiale del gruppo, con un messaggio firmato dalla band che restituisce il ritratto umano e artistico di un musicista che ha segnato profondamente l’evoluzione dei Cure negli anni Novanta e oltre.
Il comunicato ufficiale dei Cure
Nel messaggio diffuso online, la band ha ricordato Bamonte con parole dense di affetto e riconoscenza:
“Quiet, intense, intuitive, constant and hugely creative… Teddy è stato una parte vitale della storia dei The Cure.”
Un tributo che sottolinea non solo il valore musicale di Bamonte, ma anche il suo ruolo umano all’interno di una band notoriamente coesa e attenta agli equilibri interni.
Da roadie a membro ufficiale dei Cure
La storia di Perry Bamonte con i Cure inizia nel 1984, dietro le quinte. In quegli anni lavora come roadie e guitar tech, entrando in confidenza con il repertorio e con la macchina organizzativa del gruppo. Un percorso tutt’altro che insolito nel rock, ma raramente così determinante.
L’ingresso nella band nel 1990
Il passaggio da tecnico a musicista avviene nel 1990, quando lascia la band il tastierista Roger O’Donnell. Al suo posto viene scelto Bamonte, anche grazie alla profonda conoscenza del materiale e alla fiducia guadagnata negli anni.
Come raccontato nel libro Never Enough: The Story of the Cure di Jeff Apter, fu la sorella di Robert Smith, Janet Smith, a insegnargli le basi del pianoforte prima dell’ingresso ufficiale nella band.
I dischi e l’era creativa di Perry Bamonte
Bamonte entra nei Cure subito dopo Disintegration, ma diventa protagonista di una fase creativa cruciale per la band. È presente su diversi album fondamentali:
- Wish (1992), che contiene “Friday I’m in Love” e “High”
- Wild Mood Swings (1996)
- Bloodflowers (2000)
- The Cure (2004)
Il suo contributo si muove tra chitarra, sei corde basso e tastiere, arricchendo il suono della band con stratificazioni eleganti, spesso meno appariscenti ma decisive nell’economia degli arrangiamenti.
Oltre 400 concerti e una lunga separazione
Tra il 1990 e il 2005, Perry Bamonte prende parte a oltre 400 concerti, accompagnando Robert Smith in una delle fasi live più intense della carriera dei Cure.
Nel 2005 arriva però l’addio, deciso dallo stesso Smith. Una separazione che sembrava definitiva, ma che negli anni avrebbe trovato una nuova ricomposizione.
Il ritorno dal 2022 e l’ultimo concerto
Nel 2022 Bamonte rientra stabilmente nei Cure, partecipando a circa 90 concerti. Il suo ultimo live risale al 1° novembre 2024 a Londra, durante l’evento speciale di lancio di:
- Songs of a Lost World
Il concerto è stato immortalato nel film The Cure: The Show of a Lost World, distribuito nelle sale e successivamente in Blu-ray e DVD. Un addio inconsapevole, ma potentissimo.
Una figura chiave nella storia dei Cure
Nel 2019 Perry Bamonte viene indotto nella Rock & Roll Hall of Fame insieme al resto della band. Un riconoscimento tardivo ma simbolico per un musicista che ha sempre preferito il ruolo di colonna silenziosa a quello di protagonista mediatico.
Fan di David Bowie e Jeff Beck, Bamonte aveva iniziato a suonare la chitarra relativamente tardi, a 17 anni, dimostrando come la dedizione e la sensibilità musicale possano contare più della precocità.
Conclusioni: l’eredità di Perry Bamonte
La scomparsa di Perry Bamonte chiude un capitolo importante nella storia dei Cure. Non era il volto più noto, ma era uno dei pilastri che hanno permesso alla band di attraversare decenni di trasformazioni senza perdere identità.
La sua eredità vive nei dischi, nei concerti e in quel suono stratificato e malinconico che ha reso i Cure una band senza tempo.
Qual è il disco dei Cure in cui senti di più la mano di Perry Bamonte?
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