a cura di Edoardo Morena | Tempo di lettura approssimativo: 8 minuti
Esplora la storia del pianoforte, dalle origini a oggi

Esplora la storia del pianoforte, dalle origini a oggi  ·  Fonte: Passione Strumenti / Francesco Di Mauro

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Il pianoforte è probabilmente lo strumento musicale più versatile e diffuso al mondo. Dalle sonate di Mozart ai riff di jazz, dalle ballad rock ai brani di musica elettronica, il piano ha attraversato ogni genere musicale lasciando il suo segno indelebile. Ma come siamo arrivati al pianoforte moderno? La storia del pianoforte è un affascinante intreccio di innovazione tecnica, ricerca sonora e necessità espressive che si è sviluppato nell’arco di oltre tre secoli. Oggi vi portiamo in un viaggio attraverso tre secoli di evoluzione musicale e tecnologica. 

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La Storia del Pianoforte:

  1. Origini e antenati del pianoforte
  2. Cristofori e l’invenzione del pianoforte (circa 1700)
  3. Il fortepiano dell’Ottocento
  4. Materiali e tecniche di costruzione antiche
  5. Il pianoforte moderno: caratteristiche tecniche e architettoniche

Origini e antenati del pianoforte

Prima di arrivare al pianoforte vero e proprio, dobbiamo fare un passo indietro e guardare agli strumenti che ne hanno spianato la strada. Il pianoforte appartiene alla famiglia dei cordofoni a tastiera, e i suoi antenati più diretti sono il clavicembalo e il clavicordo.

Il clavicembalo, sviluppato nel XIV secolo, funzionava con un meccanismo di pizzico: quando si premeva un tasto, un plettro pizzicava la corda corrispondente. Questo sistema permetteva di ottenere un suono brillante e penetrante, ma con una dinamica limitata. Non importava quanto forte o piano si premesse il tasto: il volume rimaneva sostanzialmente lo stesso. Una caratteristica che oggi ci sembra limitante, ma che all’epoca era perfettamente adeguata alle necessità musicali del periodo barocco.

Il clavicordo, invece, utilizzava un sistema diverso: piccole lamine metalliche chiamate “tangenti” colpivano direttamente le corde. Questo meccanismo permetteva un controllo dinamico molto maggiore rispetto al clavicembalo, con la possibilità di ottenere sfumature espressive e persino un leggero vibrato. Tuttavia, il volume complessivo era molto ridotto, rendendolo inadatto per esecuzioni pubbliche o ensemble di grandi dimensioni.

Entrambi questi strumenti avevano limiti importanti: il clavicembalo mancava di espressività dinamica, mentre il clavicordo, pur essendo più espressivo, aveva una potenza sonora insufficiente. I musicisti del tardo Seicento iniziavano a sentire l’esigenza di uno strumento che combinasse la potenza del clavicembalo con l’espressività del clavicordo.

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Cristofori e l’invenzione del pianoforte (circa 1700)

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Ed è qui che entra in scena Bartolomeo Cristofori (1655-1731), un geniale costruttore di strumenti musicali di Padova che lavorava presso la corte dei Medici a Firenze. Intorno al 1700, Cristofori rivoluzionò completamente il mondo degli strumenti a tastiera inventando quello che inizialmente chiamò “gravicembalo col piano e forte” – letteralmente, un clavicembalo che poteva suonare sia piano che forte.

L’innovazione rivoluzionaria di Cristofori fu il meccanismo a martelletti. Invece di pizzicare o toccare direttamente le corde, il nuovo sistema utilizzava martelletti ricoperti di pelle che colpivano le corde e poi si ritraevano immediatamente, permettendo alle corde di vibrare liberamente. Questo meccanismo, chiamato “scappamento”, era fondamentale: dopo aver colpito la corda, il martelletto doveva allontanarsi rapidamente per non smorzare la vibrazione.

Il primo pianoforte di Cristofori, datato 1720 e conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, mostra già tutte le caratteristiche fondamentali dello strumento moderno: il meccanismo di scappamento, i martelletti, lo smorzatore (damper) che ferma la vibrazione della corda quando il tasto viene rilasciato, e la possibilità di controllare la dinamica attraverso il tocco.

Dal punto di vista tecnico, i primi pianoforti di Cristofori avevano un’estensione di circa quattro ottave (molto meno dei moderni 88 tasti) e utilizzavano corde di diversi materiali: ottone per i gravi, acciaio per i medi e acuti. La cassa armonica era costruita in legno di abete, seguendo le tecniche della liuteria italiana dell’epoca.

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Il fortepiano dell’Ottocento

Durante il XVIII e XIX secolo, il pianoforte subì una serie di trasformazioni che lo portarono gradualmente verso la forma moderna. Questo periodo è spesso chiamato l’era del “fortepiano”, per distinguerlo dal pianoforte moderno.

I costruttori tedeschi e austriaci, come Silbermann, Stein e Graf, svilupparono una scuola costruttiva diversa da quella italiana. I loro strumenti erano caratterizzati da una meccanica più leggera e da un suono più delicato e trasparente, perfetto per la musica di Mozart e dei primi romantici. La costruzione era ancora principalmente in legno, con telai relativamente leggeri che conferivano agli strumenti una risposta tattile molto diretta.

Parallelamente, in Inghilterra, costruttori come Broadwood stavano sviluppando pianoforti con caratteristiche diverse: suono più potente, meccanica più robusta e, soprattutto, l’introduzione dei pedali. Il pedale di risonanza (sustain) permetteva di sollevare tutti gli smorzatori contemporaneamente, creando un effetto di riverbero naturale che arricchiva enormemente le possibilità espressive.

Un’altra innovazione fondamentale fu l’introduzione del telaio metallico. I primi esperimenti risalgono agli anni ’20 dell’Ottocento, ma fu Alpheus Babcock nel 1825 a brevettare il primo telaio completamente in ghisa per pianoforti verticali. Questo permetteva di aumentare notevolmente la tensione delle corde e, di conseguenza, la potenza sonora.

L’estensione della tastiera cresceva costantemente: dalle 5 ottave dei primi strumenti si arrivò gradualmente alle 7 ottave e un terzo (88 tasti) che caratterizzano il pianoforte moderno. Questa espansione non era solo quantitativa, ma qualitativa: i nuovi registri estremi aprivano possibilità compositive completamente nuove.

Materiali e tecniche di costruzione antiche

Le tecniche costruttive dei primi pianoforti erano strettamente legate alle tradizioni della liuteria e dell’ebanisteria dell’epoca. I legni utilizzati erano selezionati con cura estrema: abete rosso delle Alpi per la tavola armonica (la stessa essenza usata per i violini Stradivari), acero per i fianchi e il fondo, ebano per i tasti neri.

La tavola armonica era (ed è tuttora) l’elemento più critico. Doveva essere abbastanza sottile da vibrare efficacemente, ma sufficientemente robusta da resistere alla pressione delle corde. I maestri costruttori dell’epoca utilizzavano tecniche di stagionatura del legno che duravano decenni, permettendo al materiale di stabilizzarsi completamente.

Le corde erano prodotte artigianalmente e rappresentavano un compromesso tra diversi fattori: tensione, diametro, materiale e lunghezza. Nel registro grave si utilizzavano corde di ottone avvolte, mentre negli acuti si preferiva l’acciaio. La tensione complessiva di un pianoforte dell’epoca era considerevolmente inferiore a quella moderna: circa 5-8 tonnellate contro le 15-20 tonnellate di uno strumento contemporaneo.

I martelletti erano rivestiti di pelle di daino o di agnello, accuratamente selezionata e trattata. La forma e la durezza del rivestimento influenzavano direttamente il timbro: martelletti più morbidi producevano suoni più dolci, quelli più duri suoni più brillanti e incisivi.

Il meccanismo era completamente in legno, con perni e fulcri in metallo. Ogni componente veniva realizzato a mano e calibrato individualmente. La precisione richiesta era estrema: anche piccole variazioni nelle dimensioni o nell’allineamento potevano compromettere il funzionamento dell’intero strumento.

  • Il telaio e le corde del pianoforte
  • Anche i tasti fanno parte del meccanismo d'azione del pianoforte
  • La tavola armonica è molto importante per la produzione del suono
  • A seconda dello strumento, sul pianoforte sono disponibili uno, due o tre pedali

Il pianoforte moderno: caratteristiche tecniche e architettoniche

Il pianoforte moderno è il risultato di oltre due secoli di evoluzione tecnica e rappresenta uno dei meccanismi più complessi e raffinati mai creati dall’uomo. Un pianoforte a coda da concerto contiene circa 12.000 componenti individuali, tutti calibrati con precisione millimetrica.

Il telaio in ghisa moderno è un’opera d’arte dell’ingegneria meccanica. Deve resistere a tensioni superiori alle 20 tonnellate (l’equivalente del peso di quattro elefanti adulti) mantenendo una stabilità assoluta. La forma caratteristica, con le tipiche “costole” di rinforzo, è progettata per distribuire uniformemente questa tensione enorme.

Le corde moderne sono il risultato di secoli di ricerca metallurgica. Nel registro grave si utilizzano corde di acciaio armonico avvolte con filo di rame, mentre negli acuti corde di acciaio al carbonio ad alta tensione. La precisione nella fabbricazione è tale che la variazione di diametro non può superare pochi centesimi di millimetro.

La tavola armonica rimane sostanzialmente fedele alle tecniche tradizionali, ma con materiali selezionati secondo criteri ancora più rigorosi. L’abete utilizzato deve avere caratteristiche specifiche: crescita lenta, anelli annuali uniformi, assenza di nodi. Ogni tavola viene “accordata” individualmente, assottigliando strategicamente alcune zone per ottimizzare la risposta in frequenza.

Il meccanismo moderno è un capolavoro di ingegneria di precisione. Il sistema di scappamento permette una ripetizione rapidissima (fino a 14 note al secondo per i pianisti più virtuosi) e un controllo dinamico che va dal pianissimo più delicato al fortissimo più potente. Materiali moderni come il carbonio e leghe speciali hanno permesso di raggiungere livelli di precisione impensabili in passato.

I pedali si sono standardizzati in tre: il pedale di risonanza (sustain), il pedale una corda (soft) e il pedale tonale (sostenuto). Ognuno ha una funzione specifica e permette effetti sonori particolari. Il pedale di risonanza, in particolare, è fondamentale per la tecnica pianistica moderna e permette di creare paesaggi sonori di straordinaria ricchezza.

Dal punto di vista acustico, il pianoforte moderno è progettato per coprire un range  di frequenze davvero impressionante, da circa 27 Hz (la nota più grave) a oltre 4000 Hz (le armoniche più acute). La progettazione tiene conto della risposta in frequenza delle sale da concerto e dell’interazione con altri strumenti negli ensemble.

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L’evoluzione continua ancora oggi, con sperimentazioni su materiali compositi, sistemi di amplificazione integrati per i pianoforti ibridi, e perfino versioni completamente digitali che cercano di replicare non solo il suono, ma anche la risposta tattile degli strumenti acustici.

Il pianoforte di oggi è quindi l’erede di una tradizione che unisce l’artigianalità più raffinata alla tecnologia più avanzata. Ogni strumento è ancora sostanzialmente fatto a mano, con tecniche che affondano le radici nel lavoro di Cristofori, ma supportate da conoscenze scientifiche e materiali che il geniale inventore padovano non avrebbe mai potuto immaginare.

Dal primo “gravicembalo col piano e forte” ai moderni pianoforti da concerto, il percorso è stato lungo e affascinante. E probabilmente, conoscendo la creatività umana, questa storia è ancora lontana dalla sua conclusione.

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