Nel panorama musicale contemporaneo, sempre più frammentato e dominato da algoritmi, le parole di Thundercat sul punk arrivano come una dichiarazione forte e necessaria. In una recente intervista rilasciata a Crack Magazine, il bassista, compositore e produttore statunitense ha ribadito l’importanza di generi come punk e thrash, definendoli elementi essenziali della nostra cultura, al pari del jazz. Un’affermazione che non nasce da nostalgia o provocazione, ma da una profonda consapevolezza storica e musicale maturata in anni di esplorazione sonora.
Thundercat e la curiosità come motore creativo
Stephen Lee Bruner, questo il vero nome di Thundercat, ha sempre costruito la propria identità artistica sull’attraversamento dei confini. Jazz, funk, soul, hip hop, elettronica: il suo linguaggio musicale è fluido e volutamente indisciplinato. Nell’intervista, l’artista sottolinea quanto sia fondamentale avventurarsi in nuovi suoni e sottoculture per trovare ispirazione autentica, citando senza gerarchie nomi apparentemente lontanissimi tra loro.
Dalla sensibilità pop e digitale di PinkPantheress al groove sofisticato di Steve Lacy, fino alla tradizione strumentale del mandolino brasiliano incarnata dal virtuoso Hamilton de Holanda, Thundercat dimostra come l’ispirazione nasca spesso dall’incontro tra mondi diversi. Non si tratta di accumulare influenze, ma di assorbirle criticamente, lasciando che dialoghino tra loro.
Il ritorno del punk come energia culturale
Quando il discorso si sposta sui Turnstile, una delle band simbolo della recente rinascita punk/hardcore, l’entusiasmo di Thundercat è evidente. Il loro successo rappresenta qualcosa di più di una semplice moda: è il segnale che il punk, con la sua urgenza e la sua fisicità, sta tornando a essere una forza culturale viva.
Secondo Bruner, il punk non è solo un genere musicale, ma un linguaggio sociale. È un mezzo attraverso cui le nuove generazioni possono esprimere disagio, rabbia, identità e senso di appartenenza. In un’epoca di produzione musicale sempre più levigata, il punk riporta al centro l’errore, il rumore e l’istinto, elementi fondamentali per mantenere la musica umana.
Punk e jazz: una parentela più profonda di quanto sembri
La frase che più ha colpito fan e addetti ai lavori è stata senza dubbio questa: “Cose come il punk e il thrash sono importanti per la nostra cultura. È parte della nostra storia, proprio come il jazz.” Un paragone potente, che assume ancora più peso se si considera il background di Thundercat.
Prima di diventare una figura di riferimento della musica alternativa e urban, Bruner si è formato come musicista jazz. Ha vinto il John Coltrane Music Competition con il suo quartetto jazz durante gli anni del liceo e ha tenuto una residency al Blue Note di New York, uno dei templi mondiali del jazz. La sua visione non è quindi teorica, ma radicata nella pratica.
Jazz e punk condividono più di quanto si pensi: entrambi nascono come musiche di rottura, come risposta a un sistema culturale percepito come stagnante. Il jazz sfidava le regole armoniche e sociali del suo tempo; il punk ha fatto lo stesso decenni dopo, rifiutando virtuosismi e convenzioni industriali. In entrambi i casi, l’obiettivo era la libertà.
Punk e jazz come archivi della memoria culturale
Uno degli aspetti più interessanti del discorso di Thundercat è l’idea della musica come archivio culturale. Dire che il punk è “parte della nostra storia” significa riconoscergli un valore che va oltre l’intrattenimento. Così come il jazz racconta lotte, migrazioni e trasformazioni sociali del Novecento, il punk documenta il disagio urbano, la crisi delle identità e la ribellione giovanile.
In questo senso, ignorare o sminuire certi generi equivale a perdere pezzi di memoria collettiva. È un messaggio importante soprattutto per musicisti e produttori più giovani, spesso spinti a inseguire trend piuttosto che comprendere le radici di ciò che ascoltano e creano.
Conclusioni
Le parole di Thundercat non sono solo una riflessione culturale, ma anche una vera e propria lezione di metodo. Esplorare generi lontani, studiare la storia della musica e frequentare ambienti diversi permette di sviluppare un linguaggio personale più solido e consapevole.
Che si suoni uno strumento tradizionale o si lavori con laptop e synth, il messaggio è chiaro: la contaminazione è una risorsa, non una minaccia. Punk, jazz, pop, elettronica e musica colta possono convivere e alimentarsi a vicenda, se affrontate con rispetto e curiosità.
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