Il botta e risposta fra Kirk Hammett e Tim Henson infiamma i fan: «Boomer bends?»
Il confronto tra Kirk Hammett e Tim Henson sui cosiddetti boomer bends è esploso come un fulmine nella community chitarristica mondiale. Una battuta di Henson sui bending “vecchio stile” ha acceso un dibattito che, a distanza di anni, continua a far discutere fan, musicisti e critici. Ma cosa si nasconde dietro questo scambio di frecciatine tra la leggenda dei Metallica e il virtuoso dei Polyphia?
Kirk Hammett e Tim Henson: la querelle sui boomer bends che divide i chitarristi
Quando si parla di chitarristi iconici, Kirk Hammett è uno di quei nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Da decenni al timone solista dei Metallica, Hammett incarna uno stile che fonde metal, hard rock e blues con uno dei trademark più amati: i bending espressivi, a volte “old school”, che profumano di tradizione.
Dall’altra parte c’è Tim Henson, chitarrista dei Polyphia, considerato uno dei massimi esponenti della nuova ondata di guitar hero. Tecnica chirurgica, tappeti di tapping modernissimo, fraseggi complessi: un linguaggio che, secondo molti, rappresenta la chitarra del futuro. Eppure, proprio in questa distanza stilistica si annida la scintilla di un botta e risposta che non accenna a spegnersi.
Le origini del termine “boomer bends”
Il termine “boomer bends” è nato quasi per caso nel 2021, quando Henson, durante un’intervista, liquidò i bending in stile blues rock come cliché “boomer-ish”. Un’espressione buttata lì, senza troppe pretese, ma che fece subito storcere il naso a generazioni di chitarristi cresciuti a pane e pentatonica. Per Henson, l’idea era semplice: perché ripetere frasi ormai abusate quando si può sperimentare?
In rete, il dibattito è esploso. Da un lato, chi ha visto in Henson l’arroganza di chi si crede troppo “avanti” per i classici; dall’altro, chi ha colto un invito a non fossilizzarsi sul passato.
Kirk Hammett rompe il silenzio
Tre anni dopo, la polemica è tornata a galla grazie a Kirk Hammett stesso. Intervistato, il chitarrista dei Metallica ha risposto senza peli sulla lingua:
«Mi piace lo stile di Tim, è davvero unico e la sua tecnica è incredibile. Ma la domanda è sempre la stessa: quanto è accessibile? È figo da ascoltare per tre o quattro volte, ma ci si può davvero relazionare?».
Una frase che suona a metà tra l’elogio e la stoccata, come ha ammesso lo stesso Henson: «Quando ho letto l’intervista ho pensato: “Oh mio Dio, è un complimento e un insulto allo stesso tempo da parte di Kirk Hammett!”». E come dargli torto? Non capita tutti i giorni di ricevere un parere così schietto da una leggenda vivente.




La reazione dei Polyphia
Se per Henson la critica è stata digerita quasi con ironia, chi l’ha presa male è stato Scott LePage, il co-chitarrista dei Polyphia. Dietro la sua delusione c’è un legame personale: Scott è un fan sfegatato dei Metallica, tanto che suo padre è il cantante di una cover band dedicata proprio a Kill ‘Em All. «Quando non lavora, il papà di Scott canta nei Kill ‘Em All», racconta Henson. «Quando Scott ha letto le parole di Kirk si è rattristato parecchio».
Un dettaglio che mostra come, dietro i riff al fulmicotone, ci siano sempre rapporti umani, passioni di famiglia e idoli che, a volte, diventano critici inaspettati.






Tradizione contro innovazione: chi ha ragione?
Il botta e risposta tra Hammett e Henson è solo la punta dell’iceberg di un tema ben più profondo: il rapporto tra tradizione e innovazione nel mondo della chitarra elettrica. I bending alla Gilmour o alla Page hanno fatto scuola e continuano a emozionare milioni di fan, ma la sete di nuovi linguaggi spinge le nuove generazioni verso tecniche sempre più estreme.
Tim Henson, con i Polyphia, ha fatto di questa ricerca uno stile di vita: poliritmie, armonie dissonanti, un’estetica quasi glitch. Ma è davvero ciò che tutti vogliono sentire? Per Hammett, la risposta è chiara:
«Amo ascoltarlo qualche volta, ma quanto può essere accessibile per il grande pubblico?».
Questa domanda è cruciale per ogni musicista che voglia lasciare il segno. Essere innovativi significa anche rischiare di diventare di nicchia? Forse sì. Ma c’è chi ritiene che proprio grazie a questi “outsider” la chitarra rimanga viva e in evoluzione.
L’eredità dei boomer bends
Nonostante le frecciatine, Hammett stesso non rinnega la tradizione. Anzi, la difende come parte del DNA della chitarra rock. «Eddie Van Halen è un boomer guitar player?», ironizza, mettendo sul piatto un altro colosso che, pur rivoluzionando la tecnica, non ha mai disdegnato i bending di matrice blues.
Forse la verità sta nel mezzo: i “boomer bends” non sono un marchio d’infamia ma un tassello di un linguaggio che evolve. E se un giorno vedremo Henson infilarci un bending “boomer” in un brano dei Polyphia, vorrà dire che le epoche musicali, in fondo, non sono mai così separate.
Conclusione
Il dibattito tra Kirk Hammett e Tim Henson sui boomer bends continuerà a dividere la community chitarristica. Ma forse, dietro le parole di entrambi, si nasconde un messaggio importante: la chitarra elettrica è uno strumento vivo, capace di reinventarsi senza tradire le proprie radici. Che tu sia un nostalgico della pentatonica o un fan dei tappeti poliritmici, una cosa è certa: l’importante è far parlare le corde.
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