Il giorno in cui il metal ha perso il suo principe: addio Ozzy
La morte di Ozzy Osbourne, avvenuta il 22 luglio 2025, chiude definitivamente uno dei capitoli più intensi e leggendari della storia del rock. Ma il “Prince of Darkness” non se n’è andato in silenzio: il suo ultimo concerto, pochi giorni prima della scomparsa, e l’album Patient Number 9 restano come un testamento potente e vitale, realizzato insieme a giganti del rock. Un’ultima fiammata prima del buio, che mostra come l’eredità di Ozzy sia ben più forte della morte.
Il giorno in cui il metal ha perso il suo re
La notizia è arrivata come un colpo al cuore: Ozzy Osbourne è morto all’età di 76 anni, nella sua casa a Los Angeles, accanto a Sharon e ai suoi figli. Da anni combatteva con il Parkinson, aveva subito gravi interventi alla colonna vertebrale e conviveva con enfisema e danni spinali. Eppure, nessuno era pronto a dirgli addio. Soprattutto dopo l’energia mostrata nel suo ultimo concerto-evento tenutosi solo 17 giorni prima: Back to the Beginning, uno show storico a Birmingham con i Black Sabbath riuniti nella formazione originale.
Il ritorno dei Sabbath per l’ultima volta
Il 5 luglio 2025, Villa Park ha ospitato un concerto entrato nella leggenda. Un evento benefico, trasmesso in diretta mondiale, con Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward di nuovo al fianco di Ozzy. L’artista, ormai su sedia a rotelle, è salito su un trono scenografico da cui ha cantato i classici che hanno forgiato l’heavy metal.
Tra le note di War Pigs e Paranoid, il pubblico – 45.000 persone dal vivo e milioni in streaming – ha capito che stava assistendo a un addio vero, ma solenne, trionfale, colmo d’amore. Un cerchio che si chiudeva proprio lì, dove tutto era cominciato.


Patient Number 9: il testamento in musica
Ma non è stato solo il concerto a raccontare l’ultima stagione di Ozzy Osbourne. Il disco Patient Number 9, pubblicato nel 2022, ha rappresentato una dichiarazione d’immortalità sonora, un disco monumentale nato in un periodo di crisi personale ma artisticamente rigenerante.
Ozzy ha chiamato a sé una formazione da sogno:
- Eric Clapton, con uno straordinario assolo wah-wah in One of Those Days
- Jeff Beck, visionario in A Thousand Shades
- Mike McCready dei Pearl Jam
- Josh Homme (Queens of the Stone Age)
- Dave Navarro, tra RHCP e Jane’s Addiction
- Zakk Wylde, colonna portante della sua carriera solista
- E soprattutto Tony Iommi, per due tracce che segnano un ritorno epocale
A completare la superband: Chad Smith, Taylor Hawkins, Robert Trujillo, Duff McKagan e Chris Chaney. Il gotha del rock, unito per dare forza alla voce più iconica dell’occulto musicale.
Il suono di un addio che brucia ancora
Tra tutti i brani dell’album, è “Degradation Rules” a spiccare per potenza e intensità: riff granitici firmati Iommi, armonica blues e una performance vocale feroce. Sembra un pezzo perduto dei Sabbath anni ’70, e invece è un manifesto di resilienza: Ozzy era ancora lì, ancora in grado di incendiare la scena.
Anche Clapton brilla, regalandoci un momento toccante che lega le radici blues del rock britannico al metallo forgiato dai Sabbath. “A Thousand Shades” con Jeff Beck è invece pura psichedelia malinconica, mentre il singolo “Nothing Feels Right” mostra uno Zakk Wylde in stato di grazia. L’album, nonostante qualche calo nel finale, suona come un vero atto d’amore verso la musica.
Un corpo fragile, una voce eterna
Nel periodo tra il 2020 e il 2025, Ozzy Osbourne ha affrontato ogni tipo di battaglia clinica. Dopo l’operazione spinale del 2019, complicazioni respiratorie e il Parkinson hanno ridotto drasticamente le sue apparizioni pubbliche. Ma proprio quando sembrava pronto a spegnersi, ha sorpreso tutti con nuove canzoni, concerti simbolici e collaborazioni da sogno.
La sua voce – pur segnata dagli anni – è rimasta inconfondibile: teatrale, sofferta, visionaria. Non una reliquia del passato, ma un’entità viva, capace di emozionare anche nel suo ultimo respiro musicale.
Una carriera che ha riscritto le regole
Ozzy Osbourne ha venduto oltre 100 milioni di dischi, ha fondato l’heavy metal, ha reinventato sé stesso in TV con The Osbournes, ha sfidato ogni cliché del rock, ha ispirato generazioni di artisti – da Metallica a Slipknot.
Nel 2006 entra nella Rock & Roll Hall of Fame con i Sabbath, e nel 2024 anche da solista. Con l’Ozzfest ha creato una piattaforma per il metal del futuro, e con Patient Number 9 ha dimostrato che non esistono età o limiti per chi ha il fuoco del rock dentro.
Conclusione
La morte di Ozzy Osbourne è un trauma collettivo, ma anche una celebrazione. Non ha mai chiesto pietà, non ha mai smesso di mettersi in gioco, nemmeno quando il corpo cedeva. Con il suo ultimo concerto e l’ultimo disco ha lasciato un’eredità gigantesca, un urlo finale che non parla di resa ma di orgoglio, gratitudine e passione.
Ozzy Osbourne non è morto. Ozzy è diventato leggenda.
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