a cura di Francesco Di Mauro | Tempo di lettura approssimativo: 5 minuti
“Eric Clapton è banale e Jimi Hendrix non era nemmeno un chitarrista” - Robert Fripp senza filtri

“Eric Clapton è banale e Jimi Hendrix non era nemmeno un chitarrista” - Robert Fripp senza filtri  ·  Fonte: Passione Strumenti / Francesco Di Mauro

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Tra le tante dichiarazioni che Robert Fripp ha rilasciato su Jimi Hendrix e Eric Clapton, ce n’è una in particolare che continua a far discutere, a distanza di cinquant’anni. Il mastermind dei King Crimson, noto per la sua mente brillante e la lingua tagliente, in un’intervista del 1974 rilasciata a Guitar Player demolì senza mezzi termini due tra i chitarristi più iconici della storia, mettendo in discussione non solo il loro stile, ma la loro stessa identità musicale. Una presa di posizione che oggi torna sotto i riflettori grazie alla riscoperta di quell’incredibile conversazione.

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Robert Fripp e il culto della discontinuità

Nel mondo della musica, pochi artisti sono stati tanto anticonvenzionali quanto Robert Fripp. Leader indiscusso dei King Crimson, è sempre stato un pensatore laterale, lontano dagli schemi commerciali e poco incline ai cliché della cultura rock. Non è mai stato un “guitar hero” nel senso classico del termine, e anzi ha sempre dichiarato di non essere particolarmente attratto dallo strumento in sé: “La chitarra è uno strumento piuttosto debole, virtualmente nulla mi interessa della chitarra”, disse senza mezzi termini nel 1974.

Quella dichiarazione, già di per sé provocatoria, fu solo l’inizio di un discorso che avrebbe poi scosso le fondamenta del culto chitarristico. L’intervista completa, pubblicata originariamente su Guitar Player, è stata recentemente riesumata e riproposta online, riportando alla luce uno dei momenti più divisivi della carriera pubblica di Fripp.

Hendrix? “Non era un chitarrista”

Il passaggio più clamoroso arriva quando l’intervistatore cita Jimi Hendrix, universalmente riconosciuto come uno dei massimi innovatori della chitarra elettrica. La risposta di Fripp è spiazzante:

“Non credo che Hendrix fosse un chitarrista. Dubito seriamente che fosse interessato al suonare la chitarra in quanto tale. Era semplicemente una persona che aveva qualcosa da dire e si mise a dirlo”.

Una dichiarazione che, a prima vista, può sembrare una sminuizione. Ma letta nel contesto del pensiero frippiano, è qualcosa di più sottile: Hendrix, per Fripp, non va celebrato come esecutore tecnico, ma come entità comunicativa. Non uno strumentista, ma un canale. Una voce irripetibile che ha usato la chitarra non per “suonare”, ma per parlare.

In un’epoca in cui l’identità musicale si misura in assoli e virtuosismi, un’affermazione del genere è pura eresia. Eppure, paradossalmente, può essere letta come un atto di rispetto radicale verso la figura di Hendrix, visto come artista totale più che come performer.

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Clapton? “Abbastanza banale”

Se su Hendrix il giudizio era ambiguo ma quasi poetico, su Eric Clapton il tono si fa ben più netto – e decisamente meno generoso. Fripp commenta:

“Clapton penso sia per lo più piuttosto banale, anche se ha fatto cose eccitanti nei primi tempi con Mayall. Ho visto i Cream dal vivo una volta e li ho trovati piuttosto terribili. Il lavoro di Clapton da allora, secondo me, è stato eccessivamente noioso.”

Non c’è molto spazio per l’interpretazione: per Fripp, Clapton ha esaurito la sua vena creativa molto presto, affondando in una routine che ne ha sterilizzato il talento. Ancora una volta, più che alla tecnica, l’affondo riguarda la mancanza di contenuto, di urgenza comunicativa. In altre parole: Clapton suona, ma non dice nulla.

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Jeff Beck: l’unico “salvato”

Nel mezzo di questo fuoco incrociato, Fripp concede un’eccezione: Jeff Beck, il cui stile viene definito “divertente”. Una parola che, nel vocabolario di Fripp, equivale quasi a un plauso entusiasta. Beck, col suo approccio ludico e imprevedibile, riesce a superare il confine tra esercizio e gioco, tra tecnica e espressività.

Questo passaggio ci aiuta a capire meglio il metro di giudizio di Fripp: per lui, la musica non deve intrattenere né impressionare, ma sorprendere, generare qualcosa di non previsto. Beck, con le sue improvvisazioni al limite della rottura, ci riesce.

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La coerenza di un pensiero radicale

Potremmo facilmente etichettare queste affermazioni come snobismo, o provocazione fine a sé stessa. Ma il percorso artistico di Fripp dimostra una coerenza rara. Non ha mai inseguito la fama personale, ha sempre rifiutato le logiche dell’industria, ha rifiutato l’idea di “fare carriera” come chitarrista. E anche il fatto che oggi si diverta a reinterpretare pezzi di Hendrix e dei Cream in chiave ironica, con la moglie Toyah Willcox nella serie Sunday Lunch, è l’ennesima conferma del suo disincanto.

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In fondo, Fripp non ha mai cercato idoli. La sua visione è anti-eroica, anti-iconica. Per lui, la chitarra è solo uno strumento tra tanti – né più né meno di un sintetizzatore, una loop station o un nastro magnetico.

I criteri con cui Fripp giudica i chitarristi:

  • L’urgenza comunicativa (non la tecnica)
  • L’originalità del linguaggio
  • Il disprezzo per le formule prevedibili
  • L’indifferenza verso il culto dello strumento

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Conclusioni

Le dichiarazioni di Robert Fripp su Jimi Hendrix e Eric Clapton non sono semplicemente provocazioni da prima pagina: sono l’espressione coerente di una visione musicale profonda, che mette l’espressione prima dell’abilità, il contenuto prima dello strumento. In un mondo che celebra l’icona prima dell’artista, Fripp continua a ricordarci che la musica, prima ancora che tecnica o spettacolo, è un atto di pensiero. E che, a volte, per dire qualcosa di davvero importante, bisogna prima imparare a disimparare tutto il resto

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