Magic Moments: Elvis Presley & Sam Phillips, 5 Luglio 1954 – Gli attimi che cambiano la storia della musica
James Burton, storico chitarrista di Elvis Presley a partire dal 1969, lo ricorda come una persona piena di energia e talento, molto spirituale e religiosa. Un grande artista, tormentato da una celebrità divenuta insostenibile, ma anche un uomo spassoso, sempre pronto a scherzare e a mettere a proprio agio tutti.
Chissà però quale piega avrebbe preso la vita di Presley senza quel magico momento accaduto ormai settant’anni fa, durante un caldissimo 5 luglio del 1954. Una giornata torrida, con il termometro che segna instancabile i quaranta gradi, come l’incandescente sessione di registrazione che cambia la storia della musica. Ne sono protagonisti il futuro Re del rock and roll e i fidati Scotty Moore e Bill Black, diretti da Sam Phillips, il geniale ideatore del suono rivoluzionario che rappresenterà un’epoca.
Riviviamo insieme la sera dell’incisione, con le tecniche e gli strumenti utilizzati e analizziamo le ripercussioni sulla carriera di “The Pelvis” e sul mondo intero.
Elvis Presley, da camionista con il pallino della musica a futura rockstar
Storia di un predestinato
Elvis Aaron Presley vede la luce l’8 gennaio 1935 a Tupelo, nel Mississippi. Avrebbe dovuto essere gemello, ma il fratello Jesse Garon muore durante il parto, trentacinque minuti prima della sua nascita. Fin da piccolo è afflitto dal senso di colpa per essere il figlio sopravvissuto. Ma, nello stesso tempo, non si perde d’animo e dentro di sé trova la forza per superare gli ostacoli di un’esistenza dalle origini molto umili.
Cresciuto da padre e madre amorevoli e ferventi lavoratori, Elvis e la sua famiglia vivono con pochi soldi e si spostano spesso da un posto all’altro. Profondamente devoto ai suoi genitori, frequenta la Chiesa dell’Assemblea di Dio dove il gospel diviene un’importante influenza per lui. Presley riceve la prima chitarra in regalo dalla mamma il giorno in cui spegne undici candeline, e fa un piccolo assaggio di celebrità nel mondo dello spettacolo qualche tempo più avanti, quando vince un talent show alla Humes High School di Memphis.
Dopo essersi diplomato nel 1953, svolge diversi lavori mentre insegue il suo sogno musicale. Sempre in quell’anno incide il suo primo demo presso il Memphis Recording Service, ovvero il mitico Sun Studio e, in breve tempo, Sam Phillips, proprietario dell’etichetta discografica Sun Records, decide di prendere il giovane artista sotto la sua ala.
Il sogno americano del camionista di Tupelo
La storia di Elvis incarna perfettamente l’evoluzione dell’American Dream, ossia la speranza che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica. E nei (relativamente) conservatori anni Cinquanta il concetto tende a enfatizzare esclusivamente il benessere materiale come misura del successo e della felicità.
Quando Presley, nel tentativo di sbarcare il lunario come artista, si mantiene facendo il camionista sono quindi ancora lontani i valori hippie del decennio successivo.
Dentro di lui vi è la profonda convinzione che il sacrificio e la dedizione portino, prima o poi, a dei risultati importanti. Così, dopo i massacranti turni lavorativi, il giovane si reca a registrare presso il Sun Studio ancora altre volte a gennaio e proprio all’inizio dell’estate del ’54.
Il destino vuole che solo in una successiva torrida sera di luglio scatti la scintilla. Arriva la sua prima grande occasione e la futura rockstar la acchiappa al volo: avete presente quando si dice di “essere al posto giusto nel momento giusto”?
5 Luglio 1954: il giorno che ha cambiato il mondo della musica moderna
All’improvviso una canzone…
“Da bambino, signore e signori, ero un sognatore. Leggevo fumetti ed ero l’eroe del fumetto. Vedevo film, ed ero l’eroe del film. Quindi ogni mio sogno si è avverato centinaia di volte… Ho imparato presto nella vita che senza una canzone, il giorno non finirebbe mai. Senza una canzone, un uomo non ha amici. Senza una canzone, la strada non si piegherebbe mai. Quindi continuo a cantare una canzone.”
Elvis Presley
Una sera di ormai settant’anni fa, il 5 luglio 1954, Elvis Presley canta “una canzone”, quella giusta che di colpo lo spinge con vigore sulle strade del successo. Il sogno si realizza, non ha più bisogno di immedesimarsi in un eroe del fumetto, oppure del film, ora è lui l’eroe, l’eroe di una canzone senza la quale non potrebbe più vivere. Ma cosa è successo di tanto importante quella notte?
Elvis comincia a registrare con il chitarrista Scotty Moore (fan sfegatato di Chet Atkins) e il contrabbassista Bill Black, turnisti scelti da Phillips per accompagnarlo. Entrambi si destreggiano in un gruppo di hillbilly music chiamato Starlite Wranglers recentemente a contatto con la Sun Records, e il produttore li giudica adatti, sia musicalmente sia per temperamento, a tirare fuori il meglio dall’insicuro diciannovenne, in difficoltà nel trovare uno stile personale.
L’idea è quella di incidere un album come parte di un trio chiamato The Blue Moon Boys. I tre non sembrano però amalgamarsi, così Phillips ferma l’incisione per parlare direttamente con i due musicisti assoldati, disorientati e poco motivati. Improvvisamente dall’interno dello studio si ode Elvis riprendere imperterrito a suonare la chitarra e cantare a una velocità almeno raddoppiata That’s Alright, un blues pubblicato una decina d’anni prima da Arthur Crudup.
La magia di quella serata e i primi successi
Nessuno immaginava che tale spregiudicata interpretazione fosse alla sua portata. Scotty e Bill lo raggiungono all’istante. Il buon Sam non crede ai suoi occhi e, soprattutto, alle sue orecchie: ferma tutti, li fa ripartire e avvia il nastro per la registrazione di questa versione riletta in stile uptempo. Avviene il miracolo. In quel preciso momento il produttore capisce di esser arrivato alla meta che avevano inconsapevolmente cercato per tutto il tempo.
Un sound nuovo è servito: fresco e potente, che attraversa i generi folk, country e pop per crearne uno diverso e folgorante. Phillips fa subito circolare il disco in vinile laccato, il cosiddetto acetato, con l’incisione del brano su un solo lato. Il singolo diviene immediatamente una hit radiofonica a Memphis, grazie quasi interamente all’entusiasmo del DJ locale Dewey Phillips.
Ora Elvis, Scotty e Bill (il nome iniziale del trio) si trovano di fronte alla sfida di trovare un lato B. Ma le sessioni oramai vanno avanti di gran passo. Il motivo prescelto è Blue Moon of Kentucky, composizione dell’artista bluegrass Bill Monroe, che da valzer lento si trasforma in un r&b rockeggiante, grazie a una rilettura in levare dal sapore blues.
Si parte da un’idea di Black
Questa volta l’idea è di Black, che parte picchiando sul basso e parodiando il pezzo in falsetto. Elvis prende la palla al balzo e inizia a cantare e suonare con lui. Il risultato è un riscontro immediato in tutta la città, con seimila ordini in circa due settimane, e un successo regionale che si irradia lentamente solo per la resistenza dei programmatori radiofonici tradizionali.
Tuttavia la perseveranza di Sam ed Elvis nel far conoscere questo nuovo progetto porta a vendere più di 100.000 copie, quasi interamente nel Mid-South, Texas e Louisiana, nell’anno e mezzo prima che il contratto di Elvis fosse venduto alla RCA. L’epopea del rock stava cominciando!
Il blues di Arthur Crudrup si trasforma in rock: storia della canzone e della strumentazione utilizzata per quella session di fuoco
That’s All Right è una canzone scritta e originariamente interpretata dal cantante blues americano Arthur “Big Boy” Crudup e data alle stampe nel 1946. All’inizio di marzo del 1949 avviene la ripubblicazione sul nuovo formato a 45 giri da parte della RCA Victor con il titolo That’s All Right, Mama.
Tuttavia è universalmente conosciuta soprattutto come il singolo di debutto registrato il 5 luglio 1954 e realizzato ufficialmente il 19 luglio, con Blue Moon of Kentucky come B-side, da Elvis Presley, il quale modifica anche leggermente alcune parti del testo. È classificata al numero 113 della lista delle “500 più grandi canzoni di tutti i tempi” stilata dalla rivista Rolling Stone nel 2010. E viene incisa durante la quinta visita dell’artista al Sun Studio: le prime due si erano verificate nell’estate ’53 e nel gennaio ’54, mentre un altro paio si erano concretizzate poco prima del 5 luglio.
Prodotta nello stile di un’esibizione live, con tutte le parti eseguite contemporaneamente e incise su un’unica traccia, la registrazione non contiene batteria o strumenti aggiuntivi. Sono presenti due chitarre (elettrica solista e ritmica acustica), contrabbasso e voce solista. Il suono che potrebbe essere scambiato per un rullante è in realtà dato da Black che “schiaffeggia” il suo basso utilizzando lo slapping, una tecnica specifica degli strumenti a corda in cui si alternano strappi e percussioni con il pollice alle corde di uno strumento.
Gli strumenti utilizzati
Scotty Moore: Gibson ES 295 gold. Gibson creò solo 1770 esemplari di questo modello, quindi oggi una ES 295 è davvero rara.
Bill Black: contrabbasso Concert Orchestra model Kay, costruito tra il ’37 e il ’40.
Elvis Presley: molto probabilmente usa una Kay degli anni ’40 proveniente dal Tupelo Hardware Store, anche se alcuni ipotizzano l’utilizzo di una Martin D-18 del 1942, acquistata per circa 80 dollari all’O.K. Houck’s Piano Store, negozio di strumenti musicali di Memphis, restituendo la sua Martin 000-18.
L’importanza di Sam Phillips e delle sue tecniche di registrazione
L’intuito e la genialità di Phillips
“Se non si fa qualcosa di diverso, non si fa proprio nulla”
Sam Phillips
Sam Phillips ha contribuito a trasformare ragazzi poveri, di umili origini, in icone e superstar. Da lui è nato il rock and roll. Con lui hanno cominciato B.B. King, Ike Turner, Carl Perkins, Johnny Cash, Roy Orbison e Jerry Lee Lewis. E, come abbiamo visto, proprio con lui ha iniziato Elvis.
Nato nel 1923 in una piccola fattoria di Florence, in Alabama, Phillips è figlio di un contadino e ha il pallino per la musica fin dalla più tenera età. Appena sedicenne, durante un breve soggiorno a Memphis, rimane colpito dal clima festante della città, con la gente sempre alla ricerca di un motivo per suonare e cantare.
Sei anni dopo, ancora fortemente attratto da quel luogo, vi si trasferisce per diventare disc jockey e tecnico della stazione radio WREC, che trasmette dal famoso Peabody Hotel. Parte del lavoro di Phillips consiste nel registrare le esibizioni dal vivo per trasmetterle successivamente, e da lì emerge la passione per garantire la perfezione del prodotto inciso.
Le intuizioni e la costante ricerca
Capisce quanto sia importante il sound della sezione ritmica: così spinge i microfoni più vicino al basso e la batteria. Phillips non equalizza mai nulla prima della fase di mastering. L’unico processore utilizzato è un compressore handmade posto prima del registratore, a cui viene affidato il compito di contenere i picchi che avrebbero potuto creare distorsione sul nastro.
La costante ricerca della miglior resa diventa il suo motto. Ha già in mente senza nessun dubbio quale sia la sua vocazione e presto il suo sogno si trasforma in realtà. Nel ’49, infatti, mentre è ancora impegnato alla WREC, prende in affitto al 706 di Union Avenue una vecchia officina ( ex centro di riparazione di vetri per automobili) dalle dimensioni strane e dal soffitto di latta con accanto una tavola calda. Il 3 gennaio 1950 nasce in tal modo il Memphis Recording Service che, con una serie di importanti modifiche al fabbricato, diviene uno studio di registrazione.
Gli strumenti e le tecnologie utilizzate per le sessioni di registrazione
Sam Phillips inizia a registrare bluesman che in seguito diventano famosi, come B.B. King, Rosco Gordon e Howlin’ Wolf. Prosegue la sua personale opera di sperimentazione musicale con l’incisione di Rocket 88, da molti considerata come la prima canzone rock and roll della storia.
Il brano, pubblicato nel marzo ’51, è scritto da un giovane Ike Turner, all’epoca pianista e leader dei Kings of Rhythm, i quali per l’occasione utilizzano un altro nome, Jackie Brenston and his Delta Cats per enfatizzare il ruolo di vocalist del sassofonista della formazione. Rocket 88 sottolinea il nobile intento del produttore: la sua missione ormai è chiara, far scoprire le preziose individualità di tutti gli emarginati e messi da parte a causa della loro razza, della loro classe o della mancanza di istruzione formale.
Un’altra sua forte motivazione è “catturare la musica prima che si perda il momento giusto”, con il suono registrato nell’ambiente idoneo, come se i musicisti fossero a casa propria. Ma quali sono le strumentazioni, gli stratagemmi utilizzati?
Le Apparecchiature di Philips
In qualità di ingegnere radiofonico, Phillips è a conoscenza del fatto che la maggior parte della tecnologia disponibile all’epoca sia stata progettata principalmente per registrare asettiche esibizioni dal vivo, non per la sottile arte di “immortalare” le sessioni in studio.
Con intuito e genialità cerca quindi di utilizzare le apparecchiature per il suo scopo personale, ben sapendo che sono state sviluppate per altre finalità. Così, con le poche risorse disponibili riesce a mettere insieme una collezione che comprende inizialmente un tornio della Presto per trasferire i nastri su lacca, una serie di microfoni RCA 44-BX e 77-DX, Shure 55S, Altec 21B e una console radio RCA 76D (un mixer per broadcast, con sei input preamplificati, senza equalizzatori né compressori) riconvertita alla fine degli anni Trenta, oltre, ovviamente, al già citato compressore handmade. A tale dotazione si aggiungeranno, come vedremo, due registratori a nastro Ampex 350.
Sam & Elvis. Lo slapback delay e la magia della live room
Nel febbraio del 1952, Phillips fonda la sua etichetta discografica, la Sun Records, e cambia il nome del suo studio. Un anno più avanti, come abbiamo visto, comincia il suo rapporto con Elvis, intrigato dal fatto che un giovane sconosciuto conoscesse e ascoltasse la musica da lui prodotta, da B.B. King a Howlin’ Wolf.
Proprio dopo l’inizio della partnership con il futuro Re del rock and roll, Phillips completa la sua strumentazione, continuando a plasmare il suono che rivoluzionerà il mondo. Nel 1954, infatti, acquista due registratori a nastro Ampex 350 di ultima generazione e si appresta a ultimare una delle sue più grandi invenzioni: lo Slapback Echo/Delay. Con questo termine si intende l’eco che si ottiene quando si registra sulla testina di una macchina a nastro e contemporaneamente si incide il playback (di solito la voce, ma anche la chitarra, fino a tutti gli strumenti) riprodotto su un’altra macchina.
Come ottiene lo Slapback Echo/Delay
Lo spazio fisico tra le testine delle macchine crea un ritardo e un’eco udibili in una sola ripetizione distinta, un suono unico e iconico. Così, sommando al segnale originale lo stesso segnale ritardato, tramite i suoi registratori a nastro Ampex, Phillips riesce a ottenere il primo effetto di spazializzazione artificiale nella storia della produzione discografica, eliminando il suono asciutto e innaturale della registrazione.
Blue Moon of Kentucky ne è chiaro esempio.
Un altro “segreto” di Sam Phillips è la sua live room. Cinque metri per nove, alta due metri e mezzo, con il soffitto progettato a onde a forma di V orizzontali, e le due pareti alle estremità dello studio con onde a V verticali. Gli angoli vengono tutti strombati.
Le pareti sono ricoperte da pannelli fonoassorbenti da controsoffitto. Una stanza magica, che il mitico produttore è solito percorrere un centimetro alla volta, battendo le mani per cercare di capire l’esatto riverbero e l’eco di ogni singolo punto dello studio. Un luogo misterioso, ove il suono cambia a seconda di dove si posizionano gli strumenti, anche se li si sposta di pochi metri.
Secondo Phillips, intervistato anni dopo riguardo alla Sun Studio recording room:
“L’acustica della sala era buona, ma la microfonazione corretta era fondamentale per confezionare il prodotto finito nel modo più vicino alla perfezione. Naturalmente, all’epoca tutto era monofonico, e io sono sempre stato molto attento all’uso del microfono giusto, anche se non ne potevo comprare di molto costosi”.
Su Elvis a volte usava gli RCA 44 e 77, microfoni polidirezionali che captavano molto suono della stanza, oltre all’iconico Shure 55S.
Le avventure di Phillips e l’epopea di Elvis Presley: una gloriosa carrellata di successi
Il trionfo di un uomo libero
Nei diciassette mesi di collaborazione tra Presley e Phillips (luglio 1954 – novembre 1955) vengono registrate venti canzoni, tra cui le indimenticabili Good Rockin’ Tonight e Mystery Train. Il 21 novembre 1955 le loro strade si separano.
Il patinato mondo dello show business, lo sfibrante ruolo di dover essere sempre in prima pagina non attraggono Sam, che con i 35000 dollari ricavati dalla cessione del contratto di Elvis alla RCA continua l’attività di “talent scout” scoprendo altre figure importantissime nella storia della musica e vendendo milioni di copie con Blue Suede Shoes, I Walk the Line, Ooby Dooby e Great Balls of Fire.
Durante gli anni crea una nuova etichetta discografica, che poi cede senza ottenere il forte riscontro avuto per la Sun Records, e apre un nuovo studio al 639 Madison Avenue sempre a Memphis, gestito in seguito dai figli, mentre lui si concentra sulle stazioni radiofoniche possedute in Alabama.
Nel 1986 Phillips fa parte del primo gruppo di celebrità inserite nella Rock & Roll Hall Of Fame e il suo contributo, che si può definire pionieristico in questo campo, viene riconosciuto anche dalla Rockabilly Hall Of Fame.
Seguono una serie di numerose onorificenze fino alla sua morte, il 30 luglio 2003, il giorno prima che il suo celebre studio di registrazione venga designato National Historic Landmark. Abbandona questo mondo a causa di complicazioni respiratorie, spirando al St. Francis Hospital della sua Memphis, la città di cui si era perdutamente innamorato. La città celebre per Elvis, e per Sam e il suo mitico Sun Studio.
La statura mondiale di Elvis Presley e il peso del successo
Il passaggio di Elvis Presley alla RCA prosegue l’ascesa dell’artista, il quale con Heartbreak Hotel e album omonimo sfonda nel 1956. Il “bianco con la voce da nero”, come definito da Phillips, diventa una superstar dopo l’esibizione trasgressiva del 9 settembre di quell’anno all’Ed Sullivan Show.
Affermato musicista e attore, nel corso della sua straordinaria carriera contribuisce a rendere popolare la musica rock and roll in America, guadagnandosi il soprannome di re del genere. Innumerevoli dischi d’oro e di platino, 18 singoli al primo posto delle classifiche e film di successo fanno da contorno a una vita divorata dalla celebrità e dalle intense apparizioni live.
Alti e bassi, frenesia accanto a pause e ritiri accompagnano The Pelvis ben oltre la metà degli anni Settanta. Scorrono anni terribili e incredibili rinascite fino alla tragedia del 16 agosto 1977, quando viene trovato morto nel suo bagno a Graceland, la sua dimora a Memphis.
L’abuso di droga e psicofarmaci probabilmente era il suo unico modo per tentare di resistere a tutte le complicazioni della popolarità, a quel sogno americano che una volta realizzatosi ha dimostrato tutte le sue carenze lasciandolo infelice.
Elvis Presley non aveva mai dimenticato l’insegnamento di Sam Phillips. Conosceva il valore e l’importanza del “sentimento” rispetto alla perfezione tecnica. Tuttavia, non era più riuscito ad applicare alla sua musica e alla sua esistenza questa lezione di vita impartitagli dal vecchio maestro, pur avendo raggiunto tutti gli obiettivi. Piace pensare che ora passino di nuovo il tempo insieme nel paradiso degli artisti, ridendo come vecchi amici e scherzando sul fatto che mai più nessuno dopo Sam sia riuscito a ricreare quel suono unico, misterioso ed epocale di quelle prime registrazioni che cambiarono il mondo della musica.
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