Perché le prime Les Paul erano gold top? Parla PRS!
Hai mai pensato perché le prime Les Paul erano gold top? Dietro a quella vernice dorata, simbolo di stile vintage, si nasconde una storia fatta di rivalità, segreti industriali e un pizzico di genialità artigianale. A svelarla, dopo decenni, è Paul Reed Smith, fondatore di PRS Guitars, che in una recente intervista racconta come questa scelta estetica fu, in realtà, una strategia per proteggere un’innovazione sonora rivoluzionaria da occhi indiscreti. Preparati a scoprire uno dei retroscena più affascinanti della storia della liuteria elettrica.
Un mito chiamato Goldtop
Nel mondo delle chitarre elettriche, pochi modelli possono vantare lo status iconico della Gibson Les Paul Goldtop. Introdotta nel 1952, questa finitura dorata avrebbe accompagnato gli albori di uno strumento destinato a cambiare per sempre il rock e il blues. Ma cosa si nascondeva dietro quella scelta cromatica così inusuale per l’epoca?
Molti chitarristi, nel corso dei decenni, hanno pensato che fosse una semplice questione di marketing o di gusto estetico. Dopotutto, gli anni Cinquanta erano il periodo d’oro del design automobilistico americano, dominato da cromature scintillanti e colori sgargianti. Eppure, come racconta Paul Reed Smith, la verità è ben più intrigante.
Perché le prime Les Paul erano gold top: la spiegazione di Paul Reed Smith
Paul Reed Smith, fondatore di PRS Guitars e considerato uno dei liutai più innovativi degli ultimi quarant’anni, ha svelato questo segreto in una recente intervista. Ma la sua non è una semplice teoria: Smith ha ricevuto queste confidenze direttamente da Ted McCarty, leggendario presidente di Gibson negli anni in cui la Les Paul Goldtop prese forma.
Secondo quanto riferito, McCarty spiegò a Smith che la scelta di coprire la tavola superiore con una vernice dorata fu una mossa deliberata per tenere nascosta una scoperta fondamentale: l’abbinamento di un top in acero su un corpo in mogano. Un accorgimento tecnico che cambiò radicalmente la timbrica dello strumento, donandogli quella combinazione di sustain, brillantezza e calore diventata la firma sonora della Les Paul.
Una rivalità silenziosa con Leo Fender
Per capire quanto fosse importante questa mossa, occorre guardare al contesto dell’epoca. Nei primi anni Cinquanta, Leo Fender era già un innovatore affermato: le sue Telecaster stavano conquistando i chitarristi grazie a un design semplice, lineare ed economico da produrre. Gibson, invece, puntava su uno strumento più lussuoso, con un suono più corposo e caratteristiche costruttive più sofisticate.
McCarty era consapevole che Fender non disponesse di macchinari per la bombatura dei top. Così, quando Gibson scoprì che l’acero aggiungeva quella brillantezza in più al mogano, decise di nascondere la verità. Le Les Paul Goldtop furono letteralmente “mascherate” da uno strato di vernice coprente, rendendo impossibile vedere il legno sottostante a prima vista.
Un dettaglio curioso: la corna rivelatrice
Nella stessa intervista, Paul Reed Smith ricorda di aver fatto notare a McCarty che, osservando attentamente dentro la spalla mancante della Les Paul, era comunque possibile intravedere il top in acero. La risposta di McCarty? Un secco e divertito: “Shut up”. Questo aneddoto racconta perfettamente lo spirito pionieristico di quegli anni: un mix di ingegnosità, rivalità e una buona dose di segreti industriali.
PRS, Fender e Gibson: la grande eredità
Oggi può sembrare strano immaginare un’industria musicale dove i grandi marchi di chitarre si spiavano a vicenda per proteggere soluzioni costruttive. Ma la verità è che senza queste piccole “astuzie”, probabilmente la storia della chitarra elettrica avrebbe preso una piega diversa.
Non è un caso che Paul Reed Smith abbia sempre visto in Leo Fender una figura di riferimento. Nella stessa intervista, Smith racconta di come Leo passasse a trovarlo regolarmente, riconoscendo in lui un giovane liutaio degno di attenzione. “Erano uomini d’affari, ma anche custodi di una tradizione – racconta Smith –. Non suonavano chitarra, ma creavano strumenti che sarebbero diventati la voce di una nuova generazione.”


Un’eredità che resiste
Oggi, le Les Paul Goldtop sono tra i modelli più ricercati dai collezionisti. Il fascino di quella vernice dorata, un tempo nata per nascondere un segreto tecnico, è diventato parte del mito. Ed è straordinario pensare che dietro ogni Goldtop degli anni Cinquanta si nasconda una piccola bugia a fin di bene, un trucco ingegnoso per mantenere un vantaggio competitivo in un mercato in rapidissima evoluzione.
Cosa possiamo imparare da questa storia
Questa vicenda insegna molto anche a chi oggi costruisce o acquista chitarre. Spesso, dietro scelte di design o finitura apparentemente estetiche, si celano motivazioni funzionali o strategiche. È il caso dell’abbinamento di legni, delle camere tonali nascoste o delle verniciature speciali: dettagli invisibili che definiscono il suono e la suonabilità di uno strumento.
Per chi ama la storia della chitarra elettrica, sapere perché le prime Les Paul erano gold top aggiunge un tassello importante a un puzzle fatto di intuizioni geniali, incontri tra giganti e piccole rivalità che hanno plasmato il rock come lo conosciamo oggi.




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